Tutti noi siamo “il giovane ricco”: a salvarci è solo la grazia di Dio

Domenica 28esima Tempo Ordinarioanno B (10 ottobre 2021)
Letture: Sapienza 7, 7-11; Ebrei 4, 12-13; Marco 10, 17-30

L’intervento di Pietro che affermava con certezza: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito», sembra non solo opporsi alla vicenda del giovane ricco, che non era stato capace di lasciare le sue ricchezze per seguire Gesù, ma anche alla risposta di Gesù stesso, quando il Signore diceva che nessuno è capace di salvarsi, perché è «impossibile agli uomini»! Sembra difatti che, per Pietro, la risposta di Gesù valeva solo per gli altri, per quelli che, come il giovane ricco, non avevano saputo lasciare tutto per seguire Gesù, ma che non valeva per lui e per gli altri discepoli. Ma possiamo chiederci se questa interpretazione di Pietro è così evidente!

In un primo momento, la risposta di Gesù sembra piuttosto confermare Pietro nel suo modo di pensare: «In verità, io vi dico», risponde Gesù, «non c’è nessuno che abbia lasciato…» tante cose e «che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto… e la vita eterna nel mondo che verrà». Ma quando vi pensiamo un po’, ci accorgiamo subito che questa risposta di Gesù non è così semplice da interpretare! Difatti, l’Apostolo Paolo rimprovererà a Pietro di viaggiare dappertutto con la sua moglie! E sappiamo che i primi conflitti, nella prima comunità di Gerusalemme, ebbero come motivo i beni distribuiti per la vita quotidiana!

L’interpretazione di Pietro, che poteva sembrare all’inizio così evidente, si trasforma difatti, per noi, in un interrogativo. La storia del giovane ricco, come quella di Pietro e di tanti altri discepoli, ci invitano a considerare con più umiltà il nostro distacco, e forse a rileggere con più attenzione le parole del Signore. Perché quando Pietro si dimostra sicuro di aver dato tutto per il Signore, noi sappiamo molto bene, con il nuovo testamento, che Pietro fu anche il primo ad abbandonarlo nella Passione e a rinnegarlo. 

Cosa dice difatti il Signore? Gesù afferma che è «impossibile agli uomini», ma aggiunge subito «ma non a Dio»! E questo è molto importante per tutti noi, oggi ancora. La pretesa di salvarci con i nostri sforzi personali, con i sacrifici che abbiamo deciso di fare, deve confrontarsi, un giorno o l’altro, con la realtà che Pietro ha per primo sperimentato e che Paolo ha confermato: la nostra povertà, la nostra fragilità. Perché l’esperienza cristiana non è fondata sulla nostra forza, ma sulla grazia di Dio che ci salva. E per vivere questa esperienza, dobbiamo, anche noi, passare dalla pretesa di Pietro all’umiltà di Pietro!

In un certo senso, tutti noi siamo il giovane ricco che non riesce a lasciare una parte della sua vita nelle mani di Dio. Tutti noi, come Pietro, faremo l’esperienza che non ce la facciamo, che il Signore ci chiede troppo, che non ne possiamo più! Ma è proprio in questo momento, in cui ci sentiremo annientati e poveri, che Dio ci darà ciò che l’uomo non è capace di conquistare da solo. Per noi, Pietro è diventato non solo un esempio, ma anche una guida sicura, perché, come noi, ha avuto bisogno di tempo per capire, e perché, come noi, ha dovuto riconoscere e affrontare la propria miseria per sperimentare non solo che è la grazia di Dio che ci salva, ma che anche, qualunque sia la nostra miseria, non c’è niente di impossibile per Dio!

Dom Guillaume, cappellano monastero trappista N.S. di Valserena (Pisa)
www.valserena.it

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