Facoltà Teologica: inaugurato il nuovo anno accademico 2021/22

La ricerca di Dio attraverso lo studio
L’inaugurazione del nuovo Anno Accademico alla Facoltà Teologica della Sardegna

È stato inaugurato lo scorso 11 ottobre l’Anno Accademico 2021-2022 della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna e degli Istituti Superiori di Scienze Religiose di Cagliari e di Sassari/Tempio Ampurias Euromediterraneo a essa collegati. Dopo la concelebrazione Eucaristica, nella chiesa di Cristo Re, presieduta da mons. Antonello Mura, vescovo di Nuoro e Lanusei, e Gran Cancelliere della Facoltà Teologica, la tradizionale cerimonia inaugurale nell’aula magna della Facoltà. Dopo la prolusione del preside, padre Francesco Maceri, la consegna dei diplomi accademici alla presenza dei docenti, personale e studenti della Facoltà, e di diverse autorità civili e militari.

La prolusione del preside Maceri
Al centro della prolusione di quest’anno vi è stato il tema del rapporto tra “studio accademico” e “fede cristiana”. Proprio all’inizio del suo intervento, padre Maceri si è chiesto: «È possibile cercare e trovare Dio nello studio, nella ricerca e nella docenza? Si deve cercare e trovare Dio nella attività accademica? Può questa alimentare ed esprimere il desiderio di conoscenza e amore di Dio?» La domanda, ha subito precisato padre Maceri, non va intesa nel senso che lo studio può essere un “mezzo efficace” per l’azione apostolica e la pastorale («fatto che dovrebbe essere scontato ma purtroppo non lo è!») quanto piuttosto che possa essere un “luogo” dove fare esperienza di Dio, e dunque «un cammino impegnato, un esigente itinerarium mentis in Deum, fondato e vissuto sull’affettività spirituale, oltre che l’impegno intellettuale».

Il “tempo” dello studio
«Questa stima per l’intelligenza umana», ha proseguito il preside della Facoltà Teologica della Sardegna, «aiuta a non temere la verità, ma a essere fiduciosi che qualsiasi cammino compiuto con integrità conduce a un luogo di conoscenza. Come la preghiera», ha continuato padre Maceri, «lo studio non esclude altre attività, bensì richiede che gli si dia il suo tempo, dedicandosi interamente a esso, escludendo interferenze e divagazioni. Soprattutto, ai nostri giorni, esige vigilanza e fermezza per non cedere all’abuso della ‘rete’ e darsi a una ‘navigazione’ che risulti tanto piacevole quanto dannosa a un fine intellettuale e, forse, anche morale e fisico». In tale senso, sono state ricordate le importanti indicazioni pratiche che Ignazio dà negli Esercizi per favorire il raccoglimento e la preghiera, ma che possono essere applicate anche allo studio.

Soggetto e oggetto della ricerca
Perché l’attività accademica diventi un’esperienza spirituale, ha detto padre Maceri, è necessario superare la separazione tra il soggetto e l’oggetto della ricerca e trovare un’unione tra questi due elementi: «È necessario, perciò, appropriarsi consapevolmente e criticamente di quanto accade in sé stessi durante lo svolgimento del lavoro intellettuale, riflettere su come venga vissuto, rispettando l’intreccio indissolubile tra il livello razionale e la dimensione affettiva». Su questa base, ha concluso padre Maceri, è necessario essere uniti e considerare il lavoro teologico come qualsiasi altra vocazione cristiana, che è “personale” ma è anche “comunitaria e collegiale”.

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