Al via in Vaticano il maxiprocesso Becciu: attesa per la difesa del cardinale di Pattada

In Vaticano lo hanno già definito il maxiprocesso. Inizia oggi la seconda udienza del procedimento a carico del cardinale Angelo Becciu. A suo carico pesantissimi capi d’accusa: peculato e abuso d’ufficio.

Prima la sentenza, poi il processo
Si apre dunque un processo del quale è stata già emessa la sentenza.
Questa la prima singolarità.
A Becciu, cardinale oramai solo di titolo, è stato notificato un avviso di garanzia che lo accusa di aver sottratto all’Obolo di san Pietro (i soldi del Papa per i poveri), somme destinate ad arricchire i suoi parenti prossimi.
Allo stesso tempo, gli sono state levate le prerogative e diritti del cardinalato, su tutte l’impossibilità di presenziare al Conclave per l’elezione del Papa.
Sorprendente che, otto ore prima del drammatico colloquio, il sito de L’Espresso parlasse, aprendo la sua home page di «dimissioni di Becciu» nella mani di un Papa «impegnato a cacciare i mercanti dal tempio».

Da imputato ad accusatore
Il primo a essere incriminato e licenziato fu monsignor Alberto Perlasca, diventato poi l’accusatore principe di Becciu, che non subirà alcun processo. Scrive Galli della Loggia in un suo interessante editoriale: «Come si spiega il tentativo dell’accusa di evitare la presenza in aula del principale testimone dell’accusa stessa, sottraendolo così a un prevedibilmente scomodo controinterrogatorio? Ed è normale che un tale fondamentale testimone non sia altri, guarda caso, che colui che nella prima fase dell’inchiesta era lui il principale imputato: il quale oggi, invece, è miracolosamente uscito del tutto dal mirino dei giudici? È lecito o no nutrire qualche sospetto circa una così straordinaria trasformazione di ruoli?»

Capro espiatorio?
Nel banco degli imputati non figurano neppure il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, e l’attuale Sostituto (quindi successore di Becciu) monsignor Edgar Peña Parra.
Impossibile pensare che non fossero al corrente delle operazioni “incriminate”.
Secondo il quotidiano “Libero” «c’è una chiara traccia cartacea che mostra come Parolin e Peña Parra fossero stati informati sui dettagli delle varie transazioni e avessero dato il loro consenso. Perché allora questo diverso trattamento? A loro è concesso di essere incompetenti mentre Becciu, e solo lui, è la classica “mela marcia?”»

Le iniziative di Bergoglio
A rendere più complessa la già torbida vicenda alcune iniziative di Papa Francesco.
A dicembre, nella prima domenica di Avvento, inizio del nuovo Anno liturgico, da Casa Santa Marta parte una telefonata all’abitazione privata di Becciu. Per i familiari «sollievo e conforto dopo tanto dolore».
Qualche mese dopo un altro gesto spiazzante di Bergoglio: alla sera del Giovedì santo, papa Francesco va a celebrare la Messa in coena Domini a casa di Becciu. «Un abbraccio che tutti stavamo aspettando», dirà il vescovo di Ozieri, Corrado Melis.
«È immaginabile», si chiede ancora Galli della Loggia «che possa esserci la smentita clamorosa di una sentenza di assoluzione? E che razza di processo è un processo in cui almeno in parte la pena è già irrogata in anticipo, a prescindere dall’esito dello stesso?»

Fuori dal Conclave
Ma c’è ancora una lettura, questa volta tutta ad intra che inquieta e, perché no?, anche spaventa. Dopo la morte di papa Luciani, al timone della “barca di Pietro” tre stranieri: il polacco Wojtyla, il tedesco Ratzinger, l’argentino Bergoglio.
Alta l’insofferenza di molti cardinali e la decisione di spezzare questa catena tornando a un papa italiano.
Squadra della quale Becciu, grazie anche al forte legame di amicizia con papa Francesco, stava diventando uno dei leader. Impedirgli di entrare in Cappella Sistina l’unico modo per scongiurare un’elezione sempre più probabile ma anche altrettanto scomoda?

Paolo Matta

 

 

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