Rita Maria Alves e i “bambini fragili” di Bahia: “ponte” Sardegna-Brasile

(di Luigi Alfonso)

La crisi che ha investito da tempo le realtà educative fondamentali occidentali, su tutte la famiglia e la scuola, sta imponendo serie riflessioni e paventando radicali cambiamenti di rotta. Le figure professionali coinvolte nei processi educativi (insegnanti, educatori, psicologi, pedagogisti e assistenti sociali) si ritrovano di frequente ad affrontare situazioni di particolare complessità. Sta tutta qui, probabilmente, la spiegazione del successo dei seminari organizzati da Andrea Abis, educatore cagliaritano, sul territorio regionale.

Abis ha invitato Rita Maria Alves, presidente dell’associazione Pequena Fraternidade che è impegnata nel recupero dei bambini in vulnerabilità sociale a Salvador-Bahia. Il suggestivo parallelo Italia-Brasile mette in luce il percorso di Alves iniziato in qualità di educatrice di strada e nell’equipe di formazione ed espansione della Pastorale dell’infanzia e adolescenza, nell’assistenza a progetti nei quartieri più vulnerabili.

La storia di questa straordinaria donna brasiliana si è incrociata tante volte con la Sardegna, sin da quando è stata aiutata nel suo percorso di vita dal missionario cagliaritano Giovanni Cara, che lei considera alla stregua di un vero padre (quello biologico è morto quando lei aveva un anno e mezzo).

Coordinatrice del progetto Piccolo Ponte, braccio operativo di Pequena Fraternidade che si basa sull’imprenditoria socio-culturale focalizzata su attività educative, sportive oltre che di attenzione alla salute di persone con malattie genetiche, in queste settimane trascorse in Sardegna Alves ha messo a disposizione dei numerosi partecipanti la sua esperienza come docente universitaria nei corsi nelle aree delle psicologia e scienze bio-mediche e della salute nell’ambito dell’insegnamento e della ricerca.

«Il Progetto Piccolo Ponte» ha sottolineato Rita Maria Alves – «è un modello di attenzione socio-educativo che guarda alla bellezza e alla dignità come antidoto alle bruttezze della miseria e della violenza delle favelas. Vogliamo essere ponte anche per aiutare coloro che si trovano in svantaggio sociale. Al momento seguiamo 75 bambini, inseriti in un laboratorio di idee creative dove usiamo lo sport come strumento educativo e di inserimento sociale. Io posso essere un esempio tangibile. L’opportunità è una condizione essenziale affinché la persona possa seguire un percorso diverso dal suo contesto sociale. Essere stata strappata da una realtà di svantaggio sociale, incompatibile con un futuro decente, è stata l’opportunità ricevuta tramite Giovanni Cara che mi ha permesso di farmi strada nella vita. Ora punto alla seconda laurea. A volte mi volto a guardare il passato e mi rendo conto di aver fatto tanta strada. Cerco di restituire almeno una parte dell’amore che ho ricevuto».

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