Non c’è peggior fariseo di chi giudica il fariseo che vede nell’altro

Domenica 30ma Tempo Ordinario  – Anno C – 23 ottobre 2022
Letture: Sir 35, 15-22; 2 Tm 4, 6-8.16-18; Lc 18, 9-14

 

       La tentazione del disprezzo di cui ci parla il Vangelo è molto più diffusa di quanto possiamo credere. Essa affiora in molti discorsi, sguardi, atteggiamenti, comportamenti. E la storia ci ha insegnato fin dove il disprezzo possa andare quando popoli interi si lasciano prendere da esso. Tra i mille e mille volti che può rivestire questa tentazione del disprezzo, Gesù ne ha scelto uno, quello dell’uomo religioso che si crede giusto e disprezza tutti gli uomini.

        Due uomini vanno al tempio per pregare. Tutto sembra dunque avvicinare questi due uomini. E invece la somiglianza si ferma lì. Il primo procede con fierezza per esporre davanti a Dio la propria sufficienza, enunciando tutto quello che lo pone al di sopra degli altri, o piuttosto tutto quello che colloca gli altri al di sotto dell’immagine che ha di se stesso. Gli altri non esistono che per metterlo in risalto.

        Il secondo, di cui veniamo a sapere che fa parte della categoria poco raccomandabile dei pubblicani, si tiene in disparte. Non è una persona per bene, e lo sa. Non ha la pretesa di cercare scuse o circostanze attenuanti. Sa di non essere degno di essere lì. Sa di non poter pretendere e meritare la giustizia del fariseo che gli sta davanti. Ma sa anche che Dio solo può rendere giusto.

        Potremmo anche fermarci qui nella nostra lettura di questo brano del Vangelo, tanto più che la conclusione senza appello va nella stessa direzione: uno è giustificato, l’altro no. Ma, se facessimo così, rischieremmo di cadere anche noi in questa tentazione di disprezzo nei confronti del fariseo, disprezzo che pure è appena stato denunciato. Rinchiudendoci così nel circolo vizioso del giudizio, della condanna, del disprezzo, Gesù vuole farci prendere coscienza di un tranello ben più sottile di quanto sembri. Perché non c’è fariseo peggiore di chi passa il proprio tempo a criticare i farisei che ritiene di vedere negli altri!

        Come uscire da questa passione del giudizio che rischia sempre di distorcere il nostro sguardo? Come sottrarci a questa tentazione di misurarci costantemente sugli altri, per vedere se siamo più intelligenti, più amabili, più amati? Perché, molto spesso, dietro il giudizio più aspro, il disprezzo più ostentato, la condiscendenza più ignobile, si nasconde la faglia più profonda. Il disprezzo, la derisione e la sufficienza sono in realtà la foglia di fico delle nostre paure e delle nostre debolezze. E quale modo migliore per difendersi che attaccare?

        Il problema del fariseo, non è il disprezzo che esprime, l’orgoglio un po’ pesante che mette in mostra, quanto piuttosto questa ferita segreta che non vuole svelare, forse perché rifiuta di riconoscerla e di vederla. Non può provare misericordia verso l’altro, semplicemente perché non ha ancora avuto la grazia di toccare la propria miseria. Lui stesso non si conosce! È estraneo a se stesso! Come potrebbe comprendere la sofferenza dell’altro, provare compassione verso di lui? E dunque non c’è da una parte l’orgoglioso fariseo e dall’altra l’umile pubblicano. Ma c’è da una parte un uomo che soffre, che ignora ciò che lo fa soffrire e si difende come può, mentre dall’altra c’è un uomo che soffre, ma ha riconosciuto l’origine del suo male e lo confessa umilmente: «O Dio, abbi pietà di me peccatore!».

        Perché il messaggio specifico di questo Vangelo non è di invitarci a giudicare il fariseo, quanto piuttosto di farci prendere coscienza che è solo la conoscenza del nostro peccato che può aiutarci a uscire dal circolo vizioso del disprezzo e dell’odio. È proprio questo il cuore del problema, sempre altrettanto attuale. Certamente il peccato non è più molto alla moda. Noi preferiamo parlare di difetti e di ferite. Ma il nostro atteggiamento è proprio lo stesso. Anziché riconoscere il nostro peccato, passiamo il nostro tempo a cercarci delle scuse, e molto spesso sulle spalle degli altri. Ora, la sfida che questo Vangelo ci propone, è di uscire da questo circolo del disprezzo, accettando umilmente di fare nostra questa umile preghiera: «O Dio, abbi pietà di me peccatore».

Dom Guillaume – monaco trappista
www.valserena.it

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