La morte di don Dino Pittau: pietra tombale sulla scomparsa del fratello don Tonio?

È morto a 92 anni senza riuscire a far luce sulla tragica scomparsa dell’amato fratello Tonio, 50 anni appena compiuti.
Tanti, troppi i misteri che ancora aleggiano su quella morte.
Don Dino Pittau, spentosi nell’Istituto delle suore Mercedarie di Sant’Elia, soprattutto negli ultimi anni, aveva smesso di credere all’ipotesi dell’incidente stradale.
«La sera di quel 22 dicembre 1988», ormai se n’era fatto certezza, «il fratello veniva assassinato e poi portato, con tragica messinscena, in un dirupo presso il rio Picocca, nella direttrice Cagliari-Muravera, in territorio di Burcei».
Lo scrittore e saggista cagliaritano Gianfranco Murtas, in un suo lungo scritto, aggiunge altri lugubri particolari.
«Fu trovato disteso accanto alla sua vettura, che altri scaraventarono nel burrone, coperto da un gran telo e con un cuscino sotto la testa. Scomparsi gli occhiali, scomparsa la catenina, scomparse le chiavi di casa e della Cattedrale.
Livido un occhio e livida una mano chiusa a pugno. Porzioni di sostanza cerebrale furono allora rinvenute da un muraverese (che ne riferì ai familiari) e sepolte per pietà ad un lato della strada alta. Il cranio della vittima era spappolato, la nuca distrutta, svuotata, e non avrebbe lei, la vittima, potuto distendersi a terra e proteggersi dal freddo della notte, in attesa di soccorsi».
Sinistri e inquietanti anche gli eventi che si susseguirono a quella, ancor oggi, misteriosa scomparsa.


«In quella notte invece altri entrarono nella sua abitazione, rovistando. Forse quelli stessi che giorni addietro gli si erano presentati in Cattedrale, prima della messa serale, per minacciarlo; forse gli stessi che, presentandosi in talare in simulazione dei due fratelli preti, chiesero al custode dell’auto, sottoposta a sequestro, di poterla visionare (credibilmente per manometterla, per alterarla con aggiunte o sottrazioni clandestine)».

A suo tempo la salma di don Tonio non fu sottoposta ad autopsia, «contraddicendo la legge», come più volte ribadì l’avvocato della famiglia Alfonso Olla, anche lui deceduto senza arrivare alla verità. «E per tre volte», chiude Murtas (poi arrivò anche una quarta) «la magistratura cagliaritana ha negato l’esumazione delle povere ossa per avere la conferma di quanto gli agenti della scientifica confidarono in più circostanze ai congiunti: che di assassinio si era trattato, assassinio mascherato da una volgarissima commedia: quella dell’incidente d’auto».

La morte di don Dino, anche lui parroco della Cattedrale di Cagliari esattamente dieci anni dopo la scomparsa del fratello e predecessore, potrebbe rappresentare la classica “pietra tombale” su tutta la vicenda iniziata in quella antivigilia di Natale del 1988.
Proprio in quell’anno, decennale della morte e, per lui, di esordio nella Primaziale della diocesi, don Dino dava alle stampe un libro interamente dedicato alla memoria del fratello scomparso, definito semplicemente «sacerdote per la comunità». Libro che segna uno spartiacque netto nell’anziano sacerdote che, in più occasioni, anche pubbliche e con interviste, si dichiarava convinto che il fratello fosse stato assassinato.

Ai suoi funerali, in Duomo, davanti a quel feretro l’allora arcivescovo di Cagliari Ottorino Alberti ebbe a dire: «È uscito di scena da questo mondo, senza disturbare nessuno». Parole che ancora oggi, a distanza di 35 anni, non riescono a colmare e dare un senso alla tragedia.

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