I primi 40 anni di Medjugorie fra conversioni e scetticismo

di Paolo Matta

Era il 24 giugno 1981, alle 4 di pomeriggio.

In un paesino sperduto dell’allora Jugoslavia due ragazze di 15 e 16 anni, Ivanka Ivankovic e Mirjana Dragicevic, stanno camminando ai piedi di una collina sassosa chiamata Podbrdo. A un certo punto «vediamo», questo il loro racconto «una figura femminile su una piccola nube». Accompagnate da Vicka Ivankovic, cugina di Ivanka, poche ore dopo ritornano sul luogo della “apparizione”. Le tre ragazze vedono nuovamente quella «figura femminile, questa volta con un bambino in braccio» e la identificano subito con la Madonna.

Furono vere apparizioni?

Dalla Santa Sede non è ancora arrivato un giudizio definitivo. Le conclusioni della “Commissione Ruini”, voluta da Benedetto XVI per indagare sulla veridicità delle apparizioni e che ha lavorato dal 2010 al 2014, non sono state fatte proprie ufficialmente dall’attuale Pontefice.

Medjugorje non è un “luogo sospetto”

Papa Francesco non ha però fatto mancare la sua attenzione pastorale verso Medjugorje.
Intanto nominando l’arcivescovo polacco Henryk Hoser visitatore apostolico per la parrocchia di Medjugorje, e poi consentendo l’organizzazione di pellegrinaggi diocesani e parrocchiali. Nell’agosto dello scorso anno ha inviato un suo messaggio al tradizionale “Festival dei giovani” inserendo la chiesa di Medjugorje nella maratona di preghiera tra Santuari promossa dallo stesso Francesco per invocare la fine della pandemia.
«Possiamo dire», dichiara ad Avvenire padre Salvatore Perrella, docente di dogmatica e di mariologia Pontificia Facoltà Teologica Marianum e già membro della “Commissione Ruini”, «che Medjugorje non è più un “luogo sospetto” ma, al contrario, realtà dove migliaia e migliaia di fedeli vanno a Cristo tramite la Vergine Maria».

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