Diventare creature nuove: passare all’altra riva di noi stessi

Domenica XII Tempo Ordinario – anno B  – (20 giugno 2021)

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Letture: Gb 38,1.8-11; 2Cor 5,14-17; Mc 4,35-41

«Passiamo all'altra riva».

Molto spesso, questo invito del Signore è stato interpretato come un’immagine della storia della Chiesa. Mentre il Signore sembra dormire sul cuscino della barca di Pietro, in mezzo alla tempesta, la Chiesa dovrebbe affrontare, attraverso i secoli, gli scandali e le persecuzioni. In un certo senso, questo racconto raffigura molto bene la situazione che stiamo attraversando oggi. Molti sono tentati oggi di abbandonare la nave o di cercare disperatamente di togliere l’acqua che sembra voler annegarla. La prima lettura del libro di Giobbe potrebbe allora essere interpretata come l’affermazione chiara che Dio non lascerà mai che i flussi del mondo possano annientare la sua Chiesa!

Il Poeta Dante ha ripreso l’immagine mitologica dei fiumi degli inferi, che ogni uomo doveva attraversare dopo la morte, per esprimere quest’altro passaggio che tutti noi dovremo superare, seguendo Cristo che ci ha aperto la via della vita con la sua Risurrezione, attraversando la morte e scendendo negli inferi. Però, questo invito di Gesù di passare all’altra riva, può anche essere letto alla luce della seconda epistola di Paolo ai Corinzi, “cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana” perché “le cose vecchie sono passate” e “ne sono nate di nuove”. Passare all’altra riva prende, allora, un significato molto diverso. Perché questo detto, in un certo senso, esprime soprattutto l’esperienza alla quale viene chiamato ogni cristiano, ognuno di noi, già in questa vita.

Questo passaggio attraverso i fiumi della vita, le prove dell’esistenza, non è nient’altro che questa nuova nascita prefigurata nel nostro battesimo. Perché la fede in Cristo non cambia il mondo, ma trasforma il nostro cuore. Gli eventi, le gioie e le prove, le fatiche e i successi prendono un altro significato. Quando passiamo all’altra riva, ciò che cambia è il nostro modo di guardare, di capire, di vivere tutto ciò che succede. Per questo motivo, i Padri della Chiesa vedevano il battesimo come una esperienza mistica. Un modo di sperimentare un’altra dimensione della realtà, guardando le cose e gli eventi con lo sguardo di Dio, alla luce della rivelazione.

I primi discepoli hanno sperimentato quanto sia difficile questa conversione di mentalità. L’apostolo Paolo ne parla anche molto spesso nelle sue lettere. Diventare una creatura nuova, vivere come discepolo di Gesù, suppone sempre questo cambiamento radicale di visione e di intelligenza di ciò che succede. Per passare all’altra riva, si deve accettare non solo di perdere ciò che per noi era prezioso, ma anche affrontare tutte queste paure che giacciono nel più profondo del nostro cuore.

Passare all’altra riva diventa così un modo di sperimentare la morte e la risurrezione di Cristo, già in questa vita. Si capisce allora perché la liturgia di questa domenica ci propone come guide per questa avventura spirituale il libro di Giobbe e le lettere di Paolo. Tutti e due hanno sperimentato, al loro modo, questo passare all’altra riva dell’esistenza, perdendo e ricevendo al centuplo. Questo viaggio è prima di tutto una avventura interiore, che cambia il nostro sguardo, che trasforma il nostro cuore e risveglia la nostra intelligenza. È un passare all’altra riva di noi stessi!

Dom Guillaume, cappellano monastero trappista N.S. di Valserena (Pisa)

www.valserena.it

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