I funerali di William, fra fumogeni e cori da stadio

Difficile definirlo un rito funebre.
La piazza San Michele trasformata in un’arena calcistica tra fumogeni, lanci di palloncini rossoblù, cori da curva, rombo di motorini che impennano e scorrazzano a tutto gas, applausi a scena aperta.
E poi quella nera carrozza con la teca a vetri dorata, e quella bara bianca che galleggia fra le onde di mille mani. E ancora lancio di fiori e una surreale arramadura lungo le strade di Is Mirrionis percorse dal corteo.

Ciò che va in scena non è un funerale ma una sconvolgente lezione di vita.
I fatti.
William Corona (è delle sue esequie che parliamo), aveva 16 anni.
Assieme a un coetaneo (Danilo Ledda, che sta lottando fra la morte e la vita nel Reparto di Rianimazione del Brotzu) sta tornando a casa, verso le cinque e mezzo del mattino, a bordo di una Panda.
Non ha la patente. Non potrebbe stare alla guida di un’auto.
Auto, pare – c’è un’inchiesta che dovrà accertarlo – che William prende all’insaputa della madre.
A un bivio della 554 lo spaventoso incidente.
Secondo una prima ricostruzione – ribadiamo, c’è un’inchiesta in corso – la Panda sarebbe passata con il rosso al semaforo. Ne nasce una carambola devastante che coinvolge cinque auto.
Il bilancio è tremendo.
I soccorritori si accorgono subito che le conseguenze più gravi sono per i due adolescenti, portati in ospedale in condizioni disperate.
Altre otto persone restano ferite, anche loro ricoverate in ospedale. Non in pericolo di vita ma con traumi che si porteranno addosso fin quando camperanno.
Solo per un caso fortuito e un insieme di circostanze non si è verificata una strage.
William muore dopo due giorni di coma profondo, Danilo resta in Rianimazione , sospeso tra vita ed eternità.

Restano ancora da chiarire responsabilità (civili e penali) tremende.
Ma, anziché attendere nel silenzio e nel dolore la fine delle indagini, William diventa un eroe che merita funerali indimenticabili, degni appunto di chi ha compiuto una grande impresa.
Perché questo rovesciamento di prospettiva?
Che spiegazione dare a questa sorta di beatificazione popolare che un intero rione ha decretato a questo suo figlio ancora adolescente?

Il trionfale passaggio di quella bara bianca, soffocata quasi dall’abbraccio e dagli applausi della folla, esibita come un trofeo, ha tutto il sapore del tragico tentativo di allontanare, di esorcizzare il fantasma della morte grazie a un’immersione nel mondo della fantasia, del sogno, quasi del cartone animato.
Una liturgia popolana e naif che – fatto salvo il doveroso passaggio in chiesa, non sia mai rinunciare all’incenso e all’acqua santa!! – è capace di cancellare di colpo ogni e qualsiasi riferimento al passato per consegnare ai posteri l’immagine vincente di un superuomo, più forte anche della morte.

Quale insegnamento da questo rovesciamento di prospettiva e di valori?
Quale lezione per gli adolescenti, i 16enni che vivono nelle nostre case?
Cosa avranno capito da queste sconcertanti sequenze, già supercliccate in tutti i social?
Forse è solo questa la predica di questo funerale…

Paolo Matta
(paolomatta@tiscali.it)

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