Gesù è il “forte” perché ha il coraggio di non prendere niente e di dare tutto

DOMENICA II AVVENTO (10 dicembre 2023) ANNO B
     [Letture: Is 40,1-5.9-11; 2Pt 3,8-14; Mc 1,1-8]

     Due profeti, due voci narranti un Dio camminatore dei secoli, viaggiatore dell’anima, orma sulla sabbia, piede che si ferma alla tua porta (cf. Ap 3,20), fremito nel grembo di Maria (Lc 1,41), passione nella voce di Giovanni, miele nella voce di Isaia: «viene il tuo Dio».

     Due testimoni, che usano lo stesso verbo, al presente, semplice, diretto, sicuro: “viene”. Non probabilmente, non simbolicamente, non apparentemente, ma “veramente” Dio viene. Non parlano di un domani: “ecco, sta per venire, verrà tra poco”, e ci sarebbe bastato. Ma giorno per giorno, instancabilmente, continuamente Dio viene. L’Infinito prende corpo perché la nostra vita prenda corpo.

     Come seme che diventa albero, come la linea mattinale della luce, che sembra minoritaria ma è vincente, piccola breccia che ingoia la notte. Anche se non lo vedi, anche se non ti accorgi, Dio viene, e ogni strada del mondo è Galilea. È bello immaginare il creato come un reticolo, un calpestio di orme di Dio.

Alzate il capo, guardate in alto e lontano, perché la vostra liberazione è vicina. Uomini e donne in piedi, eretti, occhi alti e liberi: così vede i discepoli il profeta Isaia, come veggenti dalla vita verticale e dallo sguardo profondo. Viene dopo di me uno più forte di me. Gesù è “il forte” perché ha il coraggio di non prendere niente e di dare tutto. Di innalzare speranze così forti che neppure la morte di croce ha potuto far appassire, anzi ha rafforzato. È “il più forte” perché è l’unico che parla al cuore. E chiama tutti a essere “più forti”, a fare come Isaia e Giovanni: a essere voce che grida e poi sussurra al cuore che Dio viene. Ci chiama tutti a gridare, a dire con passione, quella che è la nostra passione per Cristo e per l’uomo, inscindibilmente.

     Il vivere appassionato è ciò che rende forte la vita. E poi ci invita a semplicemente sussurrare il vangelo al cuore della terra, testimoni della luce, rabdomanti del buono sepolto. Inizio di una notizia buona. Il nostro è il Dio degli inizi, il Dio creativo che avvia processi, intraprende percorsi, innamorato di orizzonti e non di recinti, che ci porta a pienezza e poi a sconfinamento; un Liberatore, esperto di nascite, che viene, è qui, si è radicato, si arrampica in noi come un germoglio, «un fiore di luce nel nostro deserto» (Turoldo).

     «Inizio del vangelo di Gesù», che è Gesù, la buona notizia è lui, i suoi occhi che guariscono quando accarezzano, e la sua voce che atterra i demoni tanto è forte, e che incanta i bambini tanto è dolce; il guaritore del disamore del mondo, il seduttore dietro cui ho perso il cuore, che fa ripartire la vita ogni volta si è ferma, fino a che inciampi in una stella.

Ermes Ronchi
(da www.avvenire.it)

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