Facile vedere la pagliuzza dell’altro e non la nostra trave

Domenica VIII Tempo Ordinario 2019 – Anno C  (3 marzo)
Letture: Sir 27,4-7; 1Cor 15,54-58; Lc 6,39-45

In questo brano del vangelo di Luca, Gesù sviluppa ciò che abbiamo sentito nella prima lettura dal libro del Siràcide, cioè come il frutto rivela la qualità dell’albero, nello stesso modo “la bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda”. Sono l’azione saggia e la parola saggia dell’uomo che permettono di discernere se un uomo è veramente saggio o no. Parlando così, Gesù chiede infatti a ognuno di noi di coltivare la saggezza nel nostro cuore, e ci rimanda così alla propria responsabilità. Non si devono cercare dei maestri di saggezza in questo mondo, perché c’è un solo vero maestro, Cristo Signore, ma ognuno di noi deve piuttosto imparare per acquistare il discernimento.

Il problema è difatti che quando uno è cieco si lascia ingannare da maestri altrettanto ciechi! E tutti cadono nello stesso buco! Il primo credeva di aver trovato un vero maestro perché non aveva fatto lo sforzo del discernimento. E il falso maestro pensava di esserlo perché aveva trovato persone che credevano in lui! Si erano ingannati a vicenda perché nè l’uno nè l’altro aveva fatto il lavoro interiore di discernere. Oggi si accusano facilmente i falsi maestri, ma si dimentica spesso la responsabilità di quelli che seguono senza riflettere, perché non hanno fatto lo sforzo di pensare e si lasciano sedurre dai sentimenti. Per pigrizia e indolenza, cerchiamo dei maestri che pensino al nostro posto invece di cercare dei padri che ci aiutino a pensare secondo Cristo.

Ma per discernere questo difetto del nostro cuore, per cominciare a pensare ci vuole un altra qualità che Gesù sviluppa nei versetti seguenti, cioè un minimo di conoscenza di sè. Per cominciare a vedere, si deve riconoscere la trave che ci impedisce di vedere e toglierla dal nostro occhio. Questa trave delle passioni, dei desideri cattivi, del bisogno di mettersi sempre al centro, spesso ci impedisce di valutare in modo giusto ciò che succede veramente. Ci lasciamo imbrogliare perché invece di avere una umile percezione di noi stessi, ci lasciamo ingannare da questo falso io che ci nasconde la nostra realtà. Vediamo ciò che vogliamo vedere. Troviamo ciò che vogliamo trovare. Siamo incapaci di uscire dal nostro punto di vista.

Però, Gesù ci spiega che ci sono tanti segni per istruirci, cioè i frutti dell’albero. Dal bene non può uscire il male, e dal cattivo il bene viene sempre mutilato. Gesù ci chiede di non lasciarci dominare dall’illusione. Ci chiede di sviluppare questa coscienza matura che distingue il bene dal male, senza lasciarci ingannare dai discorsi retorici. Gesù richiama ciascuno di noi alla propria responsabilità e al proprio giudizio. Ogni cristiano deve sviluppare personalmente questa saggezza, questo buon senso cristiano che permette di valutare le cose, di ascoltare con intelligenza e apertura, ma senza mai abbandonare il proprio dovere di riflettere. Non siamo una setta o un partito politico. Non difendiamo nessun interesse. Ciò che conta per noi è il valore infinito dell’uomo, di ogni uomo, perché Gesù ha dato la vita per ognuno di noi. Questa dignità non può essere negata a nessuno. Ma questo ci chiede di non abbandonare a nessuno questa nostra responsabilità! Siamo figli e figlie di Dio!

Dom Guillaume trappista, cappellano Monastero Cistercense Valserena
(www.valserena.it)

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