Tornare indietro nella notte, non capire l’assenza, interrogare le Scritture

Pasqua di Resurrezione – Anno C – 17 aprile 2022
Letture: At 10,34a-43; Col 3,1-4; Gv 20,1-9

         Ciò che descrive Giovanni, in questo brano del suo vangelo, non è la risurrezione. Il Signore non c’è. Ma egli sceglie di raccontare, con grande ricchezza di particolari, ciò che sta succedendo quando Maria di Màgdala e poi i discepoli scoprono la sparizione del corpo di Gesù. E se Giovanni insiste così tanto sui particolari, possiamo intuire che questi dettagli sono molto importanti. Vale dunque la pena tornare sugli elementi di questo racconto.

          Prima di tutto, ci sono le indicazioni temporali: il primo giorno, di mattino, quando era ancora buio. C’è da parte di Maria di Màgdala una certa impazienza, un desiderio incontenibile di tornare al sepolcro, di finire ciò che aveva cominciato quando aveva cosparso di profumo i piedi di Gesù, prima della Passione. Maria vuole compiere ciò che aveva cominciato e ringraziare così colui che l’aveva salvata. Ciò che guida Maria è dunque la gratitudine, la memoria, cioè il ricordo di tutto il bene ricevuto.

          Però, quando si accorge che le cose non sono come dovevano essere, cioè il sepolcro era aperto e la pietra era stata tolta, Maria corre verso gli altri discepoli perché non sa cosa fare. Non entra nel sepolcro, non prova di guardare cosa è successo. Pensa subito che i nemici hanno portato via il corpo di Gesù, però senza neanche verificare ciò che si trova realmente nel sepolcro. Interpreta ciò che intravede alla luce del suo timore, delle sue paure. Per lei è sparito il corpo di Gesù. Corre per annunciarlo ai discepoli, cioè a Simon Pietro e a Giovanni. Non si parla degli altri discepoli per il momento. Rimangono solo questi due.

          Pietro e Giovanni escono e corrono verso il sepolcro. Escono dalla casa, ma anche dalla loro prostrazione, dalla loro delusione e disperazione. Non sono più rinchiusi nella loro tristezza, ma escono fuori. E Giovanni è più veloce di Pietro, forse perché più giovane, o forse perché più impaziente. Non si sa. Però non entra neanche lui. Guarda da fuori, anche se non entra. Guarda e vede alcuni dettagli che vengono citati: i teli posati là. Però non entra.

          Quando Pietro arriva, entra subito e osserva. Vede ciò che Giovanni ha visto: i teli, e anche qualcos’altro: il sudario avvolto a parte. Però non si dice che Pietro crede, il racconto insiste solo sul fatto che Pietro vede più cose, con tanti particolari. Solo quando Giovanni entra si parla di fede: “vide e credette”. Allora viene la conclusione: “non avevano ancora compreso la Scrittura”!

          Questo percorso descritto dall’evangelista è il percorso tipico di ogni cammino di fede: il tornare indietro nel buio e nella notte, la sorpresa di non capire più niente di fronte all’assenza, i piccoli dettagli concreti che cominciano a risvegliare l’attenzione e la curiosità e a interrogare, la luce delle Scritture che viene infine a illuminare la realtà e mette ordine nella confusione delle cose. Dietro il percorso di questi tre personaggi, ci sono difatti le tre tappe del cammino di fede. Si deve passare dall’attaccamento affettivo e sensibile alla conoscenza precisa e concreta dei fatti per arrivare infine alla confessione di fede. Per ognuno di noi, questi tre momenti sono necessari per diventare, anche noi, testimoni di Cristo Risorto.

Dom Guillaume – Cappellano Monastero Cistercense di Valserena (Pisa)
www.valserena.it

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