Quasi scontata la valanga di sdegnati, sommessi commenti sulla presenza di Roberto Benigni alla presentanzione del libro-intervista di Tornielli con Papa Francesco “Il nome di Dio è misericordia“.
Chi già non vedeva di buon occhio lo stile di comunicazione di questo Papa (a cominciare da quel buonasera all’esordio, appena affacciato al balcone della Loggia dopo la sua elezione a vescovo di Roma, per finire con quel buon pranzo a chiusura dell’Angelus domenicale, anzichè il più tradizionale Sia lodato Gesù) avrà parecchio da dire su quest’altra discutibile scelta di Bergoglio.
Che fa il paio con la sua decisione di aprire il Giubileo della Misericordia a Bangui, una settimana prima della solenne cerimonia romana; di riconoscere ancora una volta il marcio che esiste in Vaticano senza nascondere o nascondersi davanti alle domande dei giornalisti sull’opportunità e avvedutezza di alcune nomine ammettendo, anzi, i propri errori; di non stancarsi – per tornare al libro di Tornielli – di ripetere che la salvezza dell’uomo è nelle mani misericordiose di Dio Padre e di Gesù, Volto di questo amore folle e gratuito per l’uomo, per ogni uomo.
“Ci mancava solo il buffone a corte“, è stato il commento di un sacerdote.
Mi è venuto spontaneo aprire il Vangelo e correre a cercare il brano dell’invito di Gesù a casa di Simone. “Se fosse un profeta saprebbe chi e cosa fa quella che lo sta toccando“.
Sono passati duemila e passa anni ma nulla o quasi è cambiato. La tentazione di sentirsi giusti, di giudicare, di vedere sempre e solo la pagliuzza nell’occhio dell’altro è passata indenne nei secoli e continua a germogliare più fiorente che mai.
Operazione di marketing a buon mercato, dunque, la presenza di Benigni in Vaticano? Può anche essere.
Ma e se ci fosse qualcos’altro?
Perché continua a disturbarci quel tuo fratello è tornato e facciamo festa? o che si faccia festa per uno che si converte e non per i novantanove giusti, al sicuro nel recinto del Pastore?
Nel corso di una conferenza stampa, a margine dell’ultimo scandalo finanziario in Vaticano, Francesca Cahoqui, considerata uno dei ’corvi’ del Vaticano, ha detto: “Esiste in Vaticano un gruppo di persone che sarebbe felice di vedere Papa Francesco morto e prega per questo”.
Vida chi di cresciri, direbbero i nostri vecchi saggi…
Paolo Matta