QUEGLI OCCHI CHE CI INCHIODANO SENZA SCAMPO

Neanche c’entrasse lui. Disegna il sangue che gocciola dalla elle e dalle esse, le stesse di Brussels e di Mosul. E da ospite a disagio, si scusa.
Idomeni, tra Grecia e Macedonia: un ragazzino con fasciatura al braccio alza un cartello, «Sorry for
Brussels».
Dove magari era la Bruxelles dell’Ue a dovergli qualche spiegazione, per non sapere cosa fare di lui.
«Qui vole un oeuf vole un boeuf», dicono i valloni, chi ruba un uovo ruba un bue: in Europa c’ è già aria di punizione collettiva – perché dobbiamo tenerci posti come Molenbeek? – e se il cerino non resta mai in mano a chi accende la miccia, i migranti sanno dove quel sangue gocciolerà.
Non basta il senso di vergogna per l’ accattonaggio: loro si portano già avanti col senso di colpa. Colpa collettiva.
Sorry, ho la stessa religione di quelli là. Non ho mai rubato un uovo e quella bestia assassina non è mio papà.
Ma scusatemi se esisto.

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