Non fermarsi alla vittoria di Todde: ora il coraggio di nuovi scenari

di MARIO GIRO
(da Avvenire.it)
La vittoria di Alessandra Todde in Sardegna ci lascia qualche lezione che è bene raccogliere. Innanzi tutto, le elezioni regionali non sono un voto nazionale. In secondo luogo – e proprio per questo – conta molto il candidato presidente.
Alessandra Todde ha vinto essenzialmente da sola: i partiti che l’hanno sostenuta o sono rimasti dov’erano (come il Pd) o sono addirittura diminuiti (come il M5s).
Molte le altre liste, tutte essenziali per un risultato sul filo di lana.

Todde ha voluto fare una campagna molto radicata nei problemi della Sardegna, connessa allo “spirito sardo” e lontana dalle polemiche nazionali. Non ha voluto concludere con i leader di Roma sul palco ed ha avuto ragione. Ha convinto i sardi di essere la persona giusta per i (tanti) problemi dell‘isola. Certamente ha intrepretato la contrarietà sarda per l’autonomia differenziata, come si vede dai risultati della Lega isolana.

Questo tema ha influito molto più che la questione del reddito di cittadinanza e lo ritroveremo in altre regioni soprattutto del sud. Su tale questione cattolici democratici, progressisti vari e cinquestelle sono d’accordo: l’autonomia differenziata proposta in parlamento spezza il paese e lo rende ancora più ingiusto di quanto già sia.

Il Pd ha invece un’ambiguità da superare visto che anche il partito emiliano era (a modo suo) piuttosto favorevole mentre quello veneto lo è del tutto. Un tema che la segretaria Elly Schlein dovrà sciogliere, ma che vale anche per la premier Giorgia Meloni: in Fratelli d’Italia infatti pochi sono i veri sostenitori della proposta Calderoli.

Lo scambio che stanno tentando all’interno della maggioranza tra premierato e autonomia differenziata può travolgere ogni piano. Nella tradizione politica cattolica l’autonomismo è sempre sottoposto all’interesse generale e soprattutto alla ricerca dell’eguaglianza, almeno come tensione. Quindi l’autonomia è possibile (ed auspicabile nella forma della sussidiarietà) ma soltanto se è solidale.
La percezione generale è che quella leghista non lo sia ma ritragga la separazione dei “più ricchi” dagli altri, accusati di usare i “loro” soldi.

Inoltre Alessandra Todde ha rappresentato una risorsa locale di qualità. È l’evidenza a cui i partiti più grandi (di destra o di sinistra) devono in qualche modo arrendersi: per incarnare una buona politica servono volti nuovi ma non improvvisati: persone vere che rappresentino esperienze reali e non solo interne. Alessandra Todde aveva tale curriculum già da prima di entrare in politica e lo ha provato.

All’Italia servono candidati presidenti migliori, preparati, che abbiano già dimostrato qualcosa, non burocrati di partito e nemmeno concorrenti scelti in maniera estemporanea, senza alcuna esperienza o competenza com’è stato fatto purtroppo nel recente passato. Sopra ogni cosa l’Italia ha bisogno di tale buona politica per governare in tempi difficili e anche i cattolici devono saperli proporre con coraggio e passione.

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