Missionari martiri sardi: una giornata per non dimenticare

«Sono almeno sette le figure dei martiri sardi che ho potuto documentare: don Graziano Muntoni vice parroco di Orgosolo ucciso la vigilia di Natale del 1998 mentre andava in chiesa per celebrare la messa; Antonia Mesina, contadina di Orgosolo uccisa a soli 16 anni negli anni ‘30 perché si era sottratta alla violenza sessuale, inserita tra i martiri della dignità della donna e poi beatificata da Giovanni Paolo II; padre Silvio Serri sacerdote diocesano nativo di Monserrato, partito in Africa con i missionari comboniani e ucciso in Uganda nel settembre del 1979 perché, nonostante la guerriglia in atto e le minacce di morte ricevute, decise di rimanere con i cristiani della sua missione nonostante tutto. Durante la guerra furono fucilate dai nazifascisti, cioè da tribunali militari durante l’occupazione nazista, tre persone: il contadino Leandro Corona, giovane della provincia di Cagliari ucciso a Firenze come partigiano nel marzo del 1944, Gesuino Manca, cuoco, fucilato a Udine nel febbraio del 1945, dopo aver scritto alla fidanzata una bellissima lettera-testamento di addio accettando serenamente il proprio destino nella consapevolezza di aver compiuto una giusta battaglia; un sacerdote redentorista di Cagliari padre Enrico Jannoni, fucilato il 20 maggio 1944 dalle truppe marocchine perché voleva sottrarre un gruppo di donne alla violenza sessuale. Ultimo, in ordine di tempo, padre Salvatore Carzedda missionario del PIME di Bitti, ucciso il 20 maggio del 1992 nelle Filippine».

Così scrive Luigi Accattoli, per lunghi anni vaticanista del Corriere della Sera nel suo libro Nuovi martiri: 393 storie cristiane nell’Italia di oggi.
Ma la chiesa sarda, nella sua storia, ha conosciuto altri martiri missionari: il gesuita padre Giovanni Solinas di Oliena, ucciso nel 1683 in Argentina; il cappuccino fra Tommaso da Calangianus, martirizzato a Damasco nel 1840; il francescano mons. Giovanni Sotgiu di Norbello, ucciso dai briganti in Cina nel 1930.
Un lungo elenco al quale bisogna aggiungere padre Salvatore Deiana di Ardauli, morto in Brasile nel 1987.

Da ormai venticinque anni la Chiesa Italiana celebra, ogni 24 marzo, la Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri.
La data è significativa perché fa memoria dell’assassinio di monsignor Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, ucciso il 24 marzo 1980 durante la celebrazione eucaristica: per lui Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto di beatificazione, ventidue anni dopo l’inizio della causa.
Tutta la storia della Chiesa, a partire da Cristo, è contrassegnata dalla croce e fecondata dal sangue dei suoi martiri.
Il secolo scorso, in particolare, è stato contrassegnato dal ritorno dei martiri. Centinaia di vescovi, sacerdoti, religiose, catechisti, semplici laici che in ogni angolo del mondo hanno sacrificato la propria vita per annunciare il Vangelo.
Da qualche anno la notizia sulla morte martiriale di un missionario appare quasi ogni mese. Il martirologio – dal 1928 a oggi – conta quasi duemila vittime tralasciando i vari dispersi o rapiti senza nome e mai più rientrati.

Questi i brevi ritratti degli ultimi tre missionari sardi martiri.

Padre Silvio Serri (a destra) con i suoi genitori

Padre Silvio Serri
Nativo di Ussana, è stato ucciso in Uganda nel 1979, durante la guerra che ha rovesciato il regime di Amin. Il pericolo di vita era continuo. Negli ultimi anni, padre Silvio era rimasto in missione da solo, ma aveva insistito per tornare a Obongi: non voleva abbandonare la comunità cristiana. La sera dell’11 settembre 1979, gli si presenta un soldato armato che gli intima di dargli la benzina. Il missionario si fa portare le chiavi del magazzino. Un barile è caricato a fatica sulla vettura, ma non essendo bene assicurato, cade dall’auto dopo pochi metri di corsa. A questo punto dalla chiesa sopraggiunge il sagrestano. Il soldato gli spara due colpi alle gambe; poi spara un colpo su p. Silvio, ferendolo mortalmente.

 

 

 

 

Padre Salvatore Carzedda

Padre Salvatore Carzedda
Originario di Bitti, è stato ucciso nelle Filippine nel 1992. Dal 1983, nell’isola di Mindanao voleva realizzare il suo sogno: fondare un movimento di dialogo tra cristiani e islamici chiamato “silsilah – catena”. Un gruppo di musulmani e cristiani che s’incontrano per approfondire un cammino di fede e fraternità attraverso la preghiera, la riflessione e i gesti di solidarietà.
«Noi continuiamo a proclamare la speranza – scrive padre Salvatore nel 1991 – convinti che la trasformazione nostra e del mondo non sia l’effetto immediato di una decisione o di un evento storico, ma l’impegno di tutti i giorni per la vita».
Proprio per questo suo continuo impegno per la vita attraverso il dialogo e il confronto, il 20 maggio del 1992 resta ucciso nel corso di un attentato.

 

 

L’ordinazione sacerdotale

Padre Salvatore Deiana
Saveriano, di Ardauli è morto in Brasile nel 1987.
«Ha fatto il missionario con il piede sull’acceleratore», hanno scritto di lui. Ed è morto su un’automobile, mentre correva dai poveri. Padre Tore, come era chiamato, aveva fretta di amare, di fare, di testimoniare il vangelo. A trent’anni era parroco e rettore.
Scriveva nella sua ultima lettera: «Sono passati quattro anni da quando sono partito e molte cose sono cambiate… Bisognerebbe provare cosa significa viaggiare ore e ore in barca e in macchina, su strade che non esistono, e trovare una comunità che aspetta l’incontro o la celebrazione. Nei primi tempi ho lavorato con gli indio in mezzo alle foreste e ai fiumi; poi sono passato alla vita parrocchiale nella periferia della città e alla guida del seminario, dove seguo undici giovani».
Quel 16 ottobre 1987 a Brasil Novo, 46 chilometri da Altamira, lungo la Transamazzonica, un gruppo di contadini protestava davanti a una sede governativa. Il vescovo dello Xingu, mons. Erwin Krautler, decide di andare a dir Messa tra loro. Si porta dietro anche padre Tore. Partono in quattro e alla guida c’è il vescovo. Al chilometro 23 c’è una salita. La macchina incrocia un pullman avvolto in una nuvola di polvere. Dietro, un camion cerca di sorpassare e si trova di fronte l’auto: scontro frontale violento. Padre Tore ha la testa appoggiata sul cruscotto, come se dormisse. Rimane un dubbio: incidente o attentato al vescovo scomodo? Mons. Erwin parla di “incidente premeditato”, ma non c’è mai stata alcuna inchiesta.

Alessandro Porcheddu

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