LETTERA DAL CAMEROUN: ALLARME RAPIMENTI «NOI MISSIONARI AGLI ARRESTI DOMICILIARI»

Cari amici e familiari,
vi dò qualche informazione a proposito della situazione di allarme circa il pericolo di rapimenti di stranieri (europei e latinoamericani) da parte degli islamisti di Boko-Haram-Isis dell’Africa sub-sahariana, creatasi da quasi tre mesi a questa parte nella nostra diocesi di Yagoua, soprattutto nel Dipartimento civile del Mayo-Danay, che comprende la città di Yagoua ed il territorio di campagna e savana vergine che arriva in certi casi fino ad una distanza di circa 90 km dalla città di Yagoua.
Si tratta di un allarme lanciato dalle autorità militari e civili, in particolare il Colonnello dei Bir (Brigade d’Intervention Rapide, un corpo specializzato dell’Armée Camerounaise, che ha un ruolo particolare nella lotta contro Boko-Haram) dell’Extreme-Nord, ed il Prefetto del Département du Mayo-Danay.
Questo “allarme rapimenti” ha comportato delle misure di sicurezza aggiuntive e straordinarie rispetto a quelle già presenti fin da febbraio 2014, quando tutti gli stranieri europei e latinoamericani furono sottoposti a scorta armata di sicurezza, garantita per tutti, ma effettuata sul luogo abituale di residenza ed attività degli stranieri stessi.
Si tenga presente che nell’Extreme-Nord del Cameroun, da quando c’è il “pericolo Boko-Haram”, gli stranieri se ne sono praticamente andati tutti: siamo rimasti solo un certo numero di missionari cattolici (religiosi e laici), qualche missionario protestante, e qualche rarissimo civile che non ha voluto partire: certamente in totale siamo ora al di sotto di una trentina di persone, mentre fino a tre anni fa gli stranieri neppure si potevano contare, probabilmente arrivavano sui duecento (senza tenere in conto i turisti occasionali in visita al Parco Nazionale di Waza, a Kapsiki/Rumsiki, ed altri viaggiatori di breve durata).

Da vari mesi il Governo camerunese sta cercando di rassicurare l’opinione pubblica internazionale che ormai la situazione nell’Extreme-Nord del Cameroun è sotto controllo, che Boko-Haram è da tempo nell’impossibilità di nuocere, salvo il fare ricorso ad attentati dinamitardi kamikaze, che per loro natura non sono facilmente bloccabili perché i kamikaze tengono l’esplosivo nascosto sotto i vestiti, e ovviamente non si può far spogliare migliaia di persone per effettuare i controlli.
Fatto significativo è che negli ultimi 3-4 mesi si è assistito al ritorno di alcuni organismi europei, e di qualche bianco qua e là.
Come mai, dunque, questo allarme rapimenti, in un momento in cui si sta cercando di convincere che la sicurezza è tornata nei nostri luoghi ? La cosa è alquanto misteriosa.
Anche perché questo allarme è particolarmente applicato c\on misure molto restrittive della libertà personale solo nel dipartimento del Mayo-Danay, che ha per capitale Yagoua, e che si trova a varie centinaia di km dalla frontiera con lo stato di Borno della Repubblica Federale di Nigeria, all’interno del quale si trova il feudo di Boko-Haram.
A partire da fine Febbraio, delle voci di un possibile rapimento delle suore di Guemé (villaggio a circa 30 km a nord di Yagoua, sul fiume Logone, in frontiera col Tchad) hanno portato le autorità a trasferire le suore – che avevano in casa un distaccamento stabile di 3 militari per la loro protezione – in domicilio protetto all’éveché di Yagoua: questa misura si pensava e si diceva che sarebbe durata solo pochi giorni, ma da allora le suore si trovano ancora in domicilio coatto e sotto guardia militare all’éveché; insieme alle suore di Guemé fu poi trasportato a Yagoua un vecchio missionario di 82 anni, ritiratosi in pensione a Kay-Kay (villaggio a circa 40 km nord di yagoua), padre Bonhomme; e ancore le suore di Nouldayna (circa 60 km a sud di Yagoua, in frontiera col Tchad). Le suore di Nuoldayna furono, dopo alcuni giorni, autorizzate a rientrare nella loro parrocchia.
A fine aprile una nuova ondata di allarme rapimenti ha portato le autorità ad obbligare nuovamente al domicilio coatto le suore di Niouldayna. Infine, mentre io mi trovavo a Ngaoundéré per una sessione di studi biblici, le autorità hanno misteriosamente chiuso la Brigade dei Bir di Dana (che si trova a pochi metri dalla Missione ed alla quale io ero affidato per ciò che concerne la mia sicurezza), ed il giorno in cui sono tornato a Dana sono venuti in serata per prendermi e per condurmi “manu militari” all’éveché di Yagoua. Da martedì 26 Aprile mi trovo quindi in domicilio coatto all’éveché di Yagoua, con obbligo di residenza sotto guardia armata dalle 18h00 di sera fino alle 6h00 del mattino. Fino a ieri potevamo circolare liberamente, senza scorta, nella città di Yagoua durante le ore del giorno; ma da ieri ci hanno obbligato alla scorta armata anche in città.
Questa situazione è pesantissima, perché siamo privati della nostra libertà di risiedere nelle parrocchie dove lavoriamo; siamo tutti d’accordo sul fatto che una situazione eccezionale di pericolo, o presunto tale, possa giustificare un domicilio coatto di questo genere, ma il protrarsi di questa misura diviene logorante. Misure eccezionali di questo tipo possono essere tollerate solo per un breve lasso di tempo (una, due, o anche tre settimane), ma non si può estendere la prigione domiciliare notturna fuori dal proprio domicilio abituale per lungo tempo, dato che ogni attività pastorale diviene in questo modo impossibile. Inoltre, una detenzione coatta è misura penale, applicabile ai criminali: ma, se si va al di là di un breve periodo di urgenza, non può essere imposta ai preti e alle suore; ci rende infatti la vita impossibile, e finirà per obbligarci, prima o poi, ad andarcene.
Dappertutto, nel mondo, quando le autorità dispongono un servizio di protezione di persone a rischio di attenzioni criminali da parte di banditi o altro, tale protezione si deve effettuare nel rispetto del domicilio e delle attività delle persone scortate: questo è, di fatto, ciò che è avvenuto da febbraio 2014: tutti noi stranieri avevamo sorveglianza militare armata; ma l’abbiamo sempre avuta a casa nostra. Sebbene una sorveglianza armata sia in ogni caso fastidiosa, era comunque sempre stata compatibile con le nostre attività pastorali e con la nostra vita ordinaria . Ora invece la situazione è diversa: per le suore di Guemé e per p. Bonhomme siamo già a tre mesi, e da misura protettiva si sta trasformando in vera e propria prigionia. Per le suore di Nouldayna siamo ad un mese, e le loro superiore religiose le hanno già richiamate per una vacanza di qualche mese in Italia, dato che restare in queste condizioni è inutile e dannoso (non possono rientrare nella loro casa, parrocchia e attività: che ci stanno a fare bloccate a Yagoua, dove non hanno alcun servizio pastorale ?): lasceranno il Cameroun tra qualche giorno.
Per me la cosa è diversa: sono ancora a solo due settimane di domicilio coatto a Yagoua, e posso ancora attendere un po’ per vedere lo sviluppo della situazione; ma è certo che così non potrò vivere a lungo, perché quasi tutte le mie attività pastorali sono, o bloccate, o talmente limitate, al punto che continuare in questo modo sarà certamente insopportabile. Io insegno a N’Djamena e a Maroua, ho un ministero legato a studi e ricerche: tutti i miei strumenti sono a Dana, la mia biblioteca è là: vado a dormire presto la notte emi alzo alle 3h30 per gli studi, per scrivere ecc.: all’éveché di Yagoua non posso far nulla; inoltre la S. Messa a Dana la celebriamo a 5h30 del mattino, e la parrocchia è già senza Messa da due settimane. Per l’insegnamento, fino a metà agosto non c’è scuola, ma a partire dall’inizio dell’Anno Accademico non posso certo avere molte restrizioni di movimento, se no tutto diverrà impossibile.
Chiediamo l’aiuto del Signore Gesù affinché questa triste situazione possa finire presto.
A voi tutti, amici e familiari, chiedo un ricordo nella preghiera.

Saluti cari, p. Sergio

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