La missione più vera e autentica del predicatore, del commentatore della Parola di Dio
II domenica del Tempo ordinario – Anno B (14 gennaio 2018) Letture: 1 Sam.3,3-19;1 Cor 6,13-20;Gv 1,35-42
Queste letture stabiliscono un sorprendente parallelo tra Eli, il sacerdote del santuario di Silo che insegnava al giovane Samuele ad accogliere la Parola di Dio, e Giovanni Battista, il profeta del deserto che indicò ai suoi discepoli «l’agnello di Dio»!
Per l’uno come per l’altro, si trattava di indicare ai propri discepoli come aprirsi alla Parola di Dio, come imparare a riceverla, ascoltarla e diventarne testimoni fedeli.
Come il sacerdote Eli, anche Giovanni Battista deve mettersi da parte, lasciando che i suoi discepoli seguano colui che aveva loro annunciato. Dopo averli condotti sulla soglia della Parola e aver loro svelato il percorso che vi conduce, deve ritirarsi. La sua missione si conclude sulla soglia. È stato sufficiente aver indicato loro il cammino e aver aperto loro la porta. Ormai è Dio stesso che gli dà il cambio e parla al cuore dei discepoli.
Ed è proprio questa la missione di ogni servo della Parola. Il predicatore, il commentatore della Parola, ha come missione di condurre i discepoli sulla soglia del santuario, alla porta del loro cuore, lì dove Dio è venuto a prendere dimora come in un tempio santo. Sant’Agostino lo diceva in modo mirabile, quando evocava quel maestro esteriore che, colpendo i nostri orecchi di carne, ci invita a tendere l’orecchio del cuore al Maestro interiore, che abita nel più intimo di noi stessi.
In questo modo, non faceva che riprendere i termini stessi di san Paolo che, nella sua prima Lettera ai Corinzi, insiste sul fatto che noi siamo il «tempio dello Spirito», quel santuario sacro in cui Dio è venuto a prendere dimora. Inutile, allora, correre di qua e di là, e cercare fuori di noi Colui che ci è più intimo di noi stessi. Ormai è lì, nel più profondo dell’essere umano, in quello spazio inviolabile e segreto, che inizia la più meravigliosa delle avventure che possiamo immaginare.
Dio è lì, al cuore di noi stessi.
All’esplorazione di questo mondo interiore, di questo spazio sacro nel cuore dell’uomo, generazioni di cercatori di Dio e di mistici hanno consacrato tutta l’esistenza. Eppure, molto rari sono coloro che hanno individuato la strada, vi sono entrati e vi sono rimasti. Forse perché questa via non assomiglia ad alcun’altra delle vie che si offrono all’avventura umana: essa rimane avvolta da un velo per i saggi e gli orgogliosi di questo mondo.
Tuttavia, queste letture offrono qualche consiglio semplice perché anche noi possiamo accedere a questo tesoro nascosto, a questa sorgente sigillata. Il racconto della vocazione di Samuele mostra prima di tutto che egli poté udire la Parola di Dio che gli era rivolta, perché aveva l’animo di un vero discepolo. San Paolo, per parte sua, insiste sul legame misterioso che unisce l’avventura interiore al nostro modo di vivere. Il nostro corpo è quel tempio sacro in cui Dio ha scelto di fissare la sua dimora. Sarebbe dunque vano pretendere di cercare Dio senza che la nostra esistenza concreta sia in armonia con la nostra ricerca spirituale: la spiritualità cristiana è una spiritualità dell’incarnazione! Infine, nel suo Vangelo, san Giovanni afferma che è interrogando Gesù, scrutando la sua Parola e seguendolo, che potremo scoprire quel luogo in cui egli dimora già, nel più profondo di noi stessi.
Dom Guillaume trappista, cappellano Monastero Cistercense Valserena
(www.valserena.it)