Il pericolo di credersi giusti e porsi al di sopra degli altri con sguardo sprezzante

Domenica 24ma Tempo Ordinario  – Anno C – 11 settembre 2022
Letture: Ez 32,7-14; 1Tim 1,12-17; Lc 15,1-32       

          Tra tutte le pecore del gregge, solo la pecora smarrita aveva potuto sperimentare la presa stretta, la mano forte e le spalle solide del suo padrone. Allo stesso modo, solo il figlio, che aveva sbattuto la porta della casa paterna per spendere la sua eredità nei banchetti e con le donne di cattiva vita, aveva potuto comprendere la potenza dell’amore di suo padre e la profondità della sua pazienza. Questa è forse la conclusione più sorprendente che si possa trarre dalla lettura di queste straordinarie parabole. Sarebbe allora un invito a mandare tutto all’aria, un invito provocatorio a seguire il loro esempio per sperimentare, a nostra volta, la potenza delle spalle del buon pastore e la tenerezza sconvolgente del Padre?

          Certo no, anche se Gesù dice altrove della donna peccatrice che le sarà perdonato molto perché ha tanto amato, ciò non significa che il Signore ci inviti a cedere alle nostre passioni e alle nostre inclinazioni cattive. In effetti, queste due parabole ci lasciano intuire il pericolo che potrebbe esserci nel credersi giusti e nel porsi al di sopra degli altri con uno sguardo sprezzante. Perché è vero che spesso un certo tipo di obbedienza, simile a quella del figlio maggiore della parabola, finisce per sterilizzare la persona e per fossilizzare l’intelligenza. Il pericolo diventa allora di considerarsi l’unico riferimento intoccabile di un concorso di bellezza morale, dimenticando quella rivelazione radicale che il Signore è venuto ad insegnarci, attraverso la croce: abbiamo tutti bisogno di un bisogno vitale ed essenziale di essere salvati.

          Nei vangeli non ci sono, infatti, da una parte i giusti sicuri di se stessi, e dall’altra i miserabili peccatori. Ma c’è solo da una parte l’umanità peccatrice e dall’altra un solo e unico Salvatore, Cristo Gesù. E solo quando cominciamo a prendere coscienza che questa pecora smarrita, stupida e testarda, sono io, quando cominciamo a capire che i miei «sì» sono spesso, e siamo onesti, quasi sempre dei «no» mascherati. Solo allora scopriamo in noi stessi questo rifiuto, questa ribellione, questa sfiducia, questa doppiezza che ci impediscono di vivere nella verità.

          Scoprire che questa pecora turbolenta e indisciplinata sono io, nonostante le apparenze. Acconsentire a riconoscersi nella disinvoltura del figlio prodigo o nell’arrogante superbia del figlio maggiore, è iniziare questo lento lavoro di conversione, di trasformazione del cuore e della vita che permette di gustare finalmente la tenera forza del Padre, la consolante sicurezza del Buon Pastore. Questa scoperta, naturalmente, richiede di abbandonare le finzioni e le false giustificazioni per le quali spendiamo così tanta energia. Non è facile essere semplicemente e poveramente se stesso, davanti a Dio e ai fratelli che il Signore ci ha dato!

Dom Guillaume – monaco trappista
www.valserena.it

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