GMG: una storia “vecchia” di trent’anni ma che parla sempre la lingua dei giovani

Con quella di Cracovia (27 – 31 luglio 2016) , le edizioni internazionali delle Giornata Mondiale della Gioventù saranno 13 (in totale però le GMG saranno 31 se si aggiungono le altre 18 diocesane). Questi raduni di “popolo giovanile”, nell’arco di tre decadi, sono gradualmente diventati eventi molto importanti non solo nella vita della Chiesa Cattolica universale ma anche nelle chiese particolari. Nel loro spirito riflettono tre distinti pontificati – Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco – che, nonostante le non poche differenze dei contesti storici del trentennio, hanno assegnato sempre al rapporto Chiesa-giovani un ruolo rilevante, come non era mai accaduto prima.
Sicuramente l’intuizione di san Giovanni Paolo II, comunicata per la prima volta 33 anni fa, non ha esaurito la sua spinta rinnovatrice. Anzi, tale spinta si è sempre aggiornata come risposta al preciso momento della vita ecclesiale e del mondo stesso, ponendosi dal punto di vista della partecipazione giovanile. Sono stati poi i Pontefici a leggere questi momenti e a fare la loro sintesi religiosa, culturale e sociale: nei loro stili pastorali – peculiare per ognuno dei tre – sono ben visibili i loro singoli rapporti con i giovani.
Eppure, a dire il vero, le GMG sono state da sempre molto fedeli all’idea originale; fedeli a quanto Giovanni Paolo II dichiarò la prima volta con il suo annuncio inatteso e alle parole con le quali comunicò ufficialmente l’istituzione delle Giornate.

Milano, 22 maggio 1983
Giovanni Paolo II si trovava a Milano nel contesto del suo 36mo viaggio apostolico in Italia. Era la Festa della Pentecoste e dopo il Regina Coeli, recitato dal balcone del Duomo, disse: «Mi è grato cogliere l’occasione del collegamento televisivo con vari Paesi per rivolgere il mio invito ai giovani, di tutte le nazioni e i continenti, a partecipare allo speciale Giubileo, programmato per essi a Roma dall’11 al 15 aprile dell’anno prossimo. Chi più di voi, giovani, può cogliere l’ampiezza e la profondità della speranza cristiana? Voi imparate, nel presente, l’edificazione di un futuro più giusto per l’uomo. Chi più di voi può sentire il bisogno di Qualcuno che liberi l’uomo dalle molteplici radici del male che è dentro di lui e che segna drammaticamente tanta parte del suo essere e del suo agire? Rivolgere lo sguardo a Cristo che ci ha liberato dal peccato e dal male; deporre davanti a lui la fragilità della nostra esperienza così come la certezza della sua vittoria, questo è lo scopo del grande raduno romano pensato appositamente per voi, giovani. Sarà un incontro di preghiera, di condivisione, di conversazione, di letizia. In una parola, un incontro di verità e di vita che ottenga per ciascuno e per tutti la pace operosa. Un incontro che vi renda edificatori di forme di vita nuove e più espressive del volto dell’uomo di oggi. E, soprattutto, di quello dell’uomo di domani che nei vostri volti già si prefigura».
In queste parole di 33 anni fa, che anche oggi conservano tutta la loro attualità e importanza, c’è il senso, vero, ultimo e profondo sul perché periodicamente migliaia di giovani, in città, Paesi e continenti diversi, s’incontrano per stare insieme alcuni giorni e concludere questa festa attorno alla persona del Papa. Stando ai dati forniti dalle autorità locali delle città dove si sono svolte le 13 edizioni internazionali delle GMG per questi raduni si sono riuniti complessivamente almeno 20 milioni di giovani, una partecipazione straordinaria che apre degli spunti di riflessione sul coinvolgimento dei giovani non solo nella vita della Chiesa ma anche sul loro ruolo nella società e nel mondo.

L’istituzione delle GMG
La Prima GMG si tenne il 23 marzo 1986 a livello diocesano. Nel percorso verso questo primo appuntamento, rinforzando i concetti del suo annuncio a Milano, Papa Wojtyla compiì altri gesti decisivi. Il 25 novembre 1984 invitò i giovani, in occasione della Domenica delle Palme 1985, a «celebrare, proclamare, testimoniare insieme che Cristo è la nostra pace» e lanciò una richiesta agli Episcopati di tutte le Nazioni, ai movimenti e alle associazioni internazionali cattoliche: appoggiate l’iniziativa. Poi, il 26 marzo 1985, cinque giorni prima della Domenica delle Palme – nel contesto dell’Anno Internazionale della Gioventù, indetto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite – Giovanni Paolo II pubblicò la Lettera apostolica “Dilecti amici”. (31 marzo 1985). Infine, il 20 dicembre 1985, Giovanni Paolo II, davanti al Collegio cardinalizio e alla Curia Romana, annunciò l’istituzione della Giornata Mondiale della Gioventù. Ricordando l’incontro dei giovani presso la Basilica di San Giovanni in Laterano, il 31 marzo 1985, Domenica delle Palme 1985, – «non massa anonima, non numero, ma presenza viva e personale!» – Giovanni Paolo II sottolineò: «Il Signore ha benedetto quell’incontro in modo straordinario, tanto che, per gli anni che verranno, è stata istituita la Giornata mondiale della Gioventù, da celebrare la Domenica delle Palme, con la valida collaborazione del Consiglio per i laici». In quest’allocuzione Karol Wojtyla aggiunse alcuni pensieri molto significativi che riassumevano la sfida e la prospettiva delle GMG: «La Chiesa deve guardare ai giovani come alla sua speranza (…) e tutti i giovani devono sentirsi seguiti dalla Chiesa: perciò che tutta la Chiesa, in unione con il successore di Pietro, si senta sempre maggiormente impegnata, a livello mondiale, in favore della gioventù, delle sue ansie e sollecitudini, delle sue aperture e speranze, per corrispondere alle sue attese, comunicando la certezza che è Cristo, la Verità che è Cristo, l’amore che è Cristo, mediante un’appropriata formazione, che è forma necessaria e aggiornata di evangelizzazione. I giovani attendono; sono delusi da troppe inadempienze sul piano civile, sociale e politico; giudicano con occhio di chiarezza e di critica; sul finire di quest’anno vi son qua e là sintomi di un’aspettativa più grande, che non deve essere disattesa dalla Chiesa, che guarda ai giovani con speranza e amore».

Cosa hanno lasciato le GMG?
Guardando indietro fino al lontano 1986 e fissando lo sguardo sulle 13 edizioni internazionali della GMG, tenutesi in 4 continenti (l’Africa resta ancora fuori) e in 11 Paesi (in Spagna e Polonia si sono svolti due raduni), si possono elencare alcune considerazioni:

Amicizia sociale
Due generazioni di giovani cristiani hanno avuto l’occasione di vivere e conoscere direttamente o indirettamente una proposta unica che, partendo da motivazioni religiose, ha creato, usando parole di Papa Francesco, «amicizia sociale, ponti e cultura dell’incontro». Non è poco né scontato se si tiene in considerazione che la storia dell’umanità in questi ultimi tre decenni ha subìto una seria carenza di questi valori. Ai partecipanti i Papi hanno proposto stili di vita esigenti e spesso non facili da seguire per chi è ancora giovane e in fase di formazione: una vita dedicata alla ricerca del successo materiale o del consenso in quanto tale spesso porta a non focalizzare l’attenzione sulla realtà che ci circonda e dentro la quale viviamo.

Pace nella giustizia
Se si torna indietro e si vanno a leggere i Messaggi con cui i successori di Pietro hanno convocato le diverse GMG, ma anche quanto hanno detto nei raduni ai tanti giovani provenienti da tutto il mondo, si scoprono tre concetti e sfide ricorrenti: pace, giustizia sociale e solidarietà. Dalla prima all’ultima edizione queste GMG sono state sempre una vera e propria palestra di civiltà e umanità dove si è sempre cercato di formare cittadini del mondo, proponendo valori consistenti e profondi.

Strumenti della propria realizzazione
È possibile al tempo stesso, ripercorrendo le edizioni di queste incontri, trovare nelle parole dei Pontefici un costante invito, quasi un monito: quello di essere strumenti del proprio destino e della propria realizzazione; non affidare il proprio futuro ad altri avvalendosi di scorciatoie di ogni tipo. In questo magistero pontificio sono frequenti e visibili le esortazioni alla responsabilità adulta seppure, ma verrebbe da dire soprattutto perché, i partecipanti sono anagraficamente ancora nel transito giovanile.

Attenzione preferenziale per gli ultimi
I giovani, almeno due generazioni, che hanno vissuto le esperienze delle GMG hanno imparato ad essere fedeli a un’esigenza evangelica mai venuta meno: l’attenzione onesta e piena verso la presenza altrui. Le GMG sono state sempre una scuola di “alterità”, una spinta coraggiosa, sempre rinnovata a vivere la propria vita tenendo sempre presente l’altro, in particolare il più debole e meno fortunato; coloro che le culture odierne scartano perché non produttivi, perché “sconfitti” nel gioco della competitività del consumo, del denaro e del successo a tutti costi.

Vecchiaia: rispetto, sollecitudine e ascolto
In linea con le esortazioni precedenti, che si riscontrano nel rapporto dei tre Papi con la GMG, merita una sottolineatura speciale quanto si è sempre detto in questi raduni sulla vecchiaia, sugli anziani e le anziane, insegnamenti proposti come punto focale di attenzione, rispetto e ascolto nei confronti delle generazioni passate, genitori e nonni. La GMG hanno sempre combattuto e denunciato la scadente e meschina cultura del giovanilismo, dove chi non appartiene a una determinata fascia d’età è posto ai margini e dimenticato come un vecchio oggetto, in nome di un presunto stile di vita votato solo a un effimero godimento del presente.

Le donne nel mondo e nella Chiesa
La presenza femminile nel GMG, sia numericamente sia qualitativamente, è stata sempre determinante e, in non pochi momenti, visibilmente maggioritaria. Milioni di ragazze hanno dato spesso a questi incontro un tocco di tenerezza, affabilità e premura che hanno arricchito immensamente l’umanità dei raduni internazionali. I Papi, da parte loro, non hanno mai mancato di sottolineare questa presenza, carica di contributi e ricchezza. Le GMG senza le donne non sarebbero mai state possibili o sarebbero stati incontri dimezzati perché carenti di quello che Karol Wojtyla chiamò a più riprese “genio femminile”.

Forme di vita nuove e più espressive del volto dell’uomo di oggi
Tutti i Papi, in tutti i raduni, hanno avuto sempre una speciale attenzione verso una sorta di incitamento al cambiamento, valorizzando nell’età giovanile una particolare energia capace di aiutare a rendere il mondo diverso, e migliore, da quello ereditato e farlo senza rinunciare mai e per nessuno motivo al patto o alla staffetta generazionale, senza cui la storia umana diventa solo una somma di frammenti e non un processo continuo. Da qui il costante invito affinché i giovani, ognuno nella sua singola situazione, si renda capace di inventare forme di vite e di convivenze sempre più umane, inclusive, aperte all’incontro e al dialogo.

Non fermarsi mai: smuovere le acque
A Rio de Janeiro Papa Francesco rese famosa l’esortazione “smuovere le acque” (“Armar líos” … disse), a far sì che le acque possano defluire evitando quindi che imputridiscano. Sono le nuove generazioni le più sensibili, con gli strumenti più affinati per individuare e percepire ciò che ristagna, opprime, ricatta, corrompe e quindi blocca o nega il futuro. Un invito a non smettere mai di essere spinta del cambiamento, ma non di quello che esercita per il piacere di cambiare, bensì che è in grado d’innescare processi sociali e politici verso il meglio e verso l’alto: insomma, cambiare per progredire.

Bene comune, orizzonte da non perdere mai di vista
Il tema del bene comune come orizzonte della convivenza umana è uno degli insegnamenti più forti e potenti lasciati nel cuore di milioni di giovani in questi trent’anni. Nei tre Pontefici quest’argomento è stato sempre un punto centrale, vero e proprio leitmotiv di ogni appuntamento, da un continente ad un altro. Imparare a vivere il bene comune diceva Benedetto XVI; imparare a capire i limiti dei legittimi interessi di ognuno pensando sempre all’interesse di tutti. La regola d’oro, si è detto in questi decenni, è quella di imparare a con-cedere all’altro, agli altri, senza credere mai che questo bene di tutti sia proprietà solo di un gruppo ristretto.

La radicalità del servizio
Infine, in questo elenco necessariamente incompleto, non potrebbe mancare un’altra eredità delle GMG, onnipresente negli insegnamenti dei Pontefici dal 1986 ad oggi: il servizio. Quest’invito lo possiamo riproporre con parole di Papa Francesco che riprendono quelle di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: la radicalità del Vangelo, della chiamata di Gesù Cristo sta nel «servire: essere al servizio, non fermarsi, andare oltre sempre, dimenticandosi di se stessi». Dall’altra parte, invece, aggiunge Francesco c’è «la comodità dello status: io ho raggiunto uno status e vivo comodamente senza onestà, come quei farisei dei quali parla Gesù che passeggiavano nelle piazze, facendosi vedere dagli altri». Non basta professarsi cristiani a parole, bisogna capire che ci si avvicina alla vera essenza della vita di Gesù chinandosi sulle sofferenze altrui, aiutando, mettendo a disposizione qualunque talento si possieda. Questo atteggiamento è tanto più dirompente e forte se lo si fa proprio fin da giovani, scuotendosi da luoghi comuni e da stili di vita “alla moda” che spesso vengono proposti come vincenti.

Condividi sui social