Gesù risuscita Lazzaro: la morte (provvisoria) come passaggio alla vita (eterna)

5a Domenica di Quaresima – anno A (26 marzo 2023)
Ez 37, 12-14; Rm 8, 8-11; Gv 11, 1-45

     Il brano del Vangelo di Giovanni che narra la risurrezione di Lazzaro potrebbe essere intitolato: credere o morire. Perché quella che Gesù propone ai suoi discepoli è proprio una scelta tra due opposti irriducibili, tra fede e morte: «Chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno».
     Ma ritorniamo al racconto che ci viene proposto da san Giovanni.
     La storia inizia in modo strano: Lazzaro è malato e un messaggero viene inviato a Gesù perché si affretti a venire prima che sia troppo tardi. Ma anziché accorrere, Gesù prende le cose con calma. E quello che doveva accadere si realizza: Lazzaro muore. Nessun dubbio è possibile: Lazzaro è proprio morto.
La prova, «puzza già»,
come afferma Marta che, nonostante il dispiacere, non perde il senso delle cose. In effetti, «è lì da quattro giorni».
     E i fatti non fanno che confermare questa affermazione: la tomba chiusa, l’odore della morte, ma soprattutto le lacrime delle due sorelle e della gente venuta a consolarle. Non si può davvero dubitare: la morte è passata di lì. Del resto, non è proprio da questi segni che la si riconosce sempre, dalla notte dei tempi: una tomba e lacrime?
     Questo incontro con il silenzio della tomba, con la sofferenza e le lacrime degli amici è forse una delle esperienze più sconvolgenti di Gesù. E mentre, fin dall’inizio del racconto, sembrava così sicuro di sé tanto da affermare: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate», ecco che ora, d’improvviso, Gesù sembra vacillare di fronte al dolore di queste donne e a questa tomba chiusa: «Gesù allora… si commosse profondamente e fu molto turbato…», e piange, ci riferisce il Vangelo!
     Senza che ce ne siamo resi conto, san Giovanni ha rovesciato la situazione. Quello che, nelle parole stesse di Gesù, doveva essere un segno eccezionale per la fede dei discepoli sembra trasformarsi bruscamente in disfatta.
     Ma è proprio così? Cosa ci vuol dire l’evangelista?
Ed eccoci arrivati alla soglia del mistero più strano e più doloroso della vita: il mistero della morte. Perché bisogna che, prima o poi, la morte venga a spezzare tutte le nostre relazioni più care? Certo, Lazzaro risusciterà dai morti: Gesù lo ha predetto e realizzerà quel miracolo. Ma, allora, perché tutte quelle lacrime e quei dolori inutili? La nostra reazione è simile a quella di Marta: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!», o addirittura a quella dei giudei che non possono fare a meno di esprimere questo rimprovero, che è anche il nostro: «Non poteva anche far sì che Lazzaro non morisse?».

     In realtà, perché la morte? La morte vera e propria, alla fine di ogni esistenza umana, ma anche tutte quelle piccole morti che contrassegnano l’esistenza di ciascuno di noi, quei momenti in cui la pietra di una tomba sembra rinchiudersi su di noi, quei momenti di sofferenza e di lacrime!
     Gesù non fugge questa sofferenza. Davanti ai discepoli, alla famiglia e agli amici sconvolti, piange. E san Giovanni insiste, anche, annotando: «Gesù fremette interiormente e si turbò». Certo, Gesù sa che Lazzaro risusciterà: lo afferma fin dall’inizio di questo Vangelo, lo ripete a Marta e lo confessa nella sua preghiera al Padre. Ma questo non cambia nulla: la sofferenza è lì, ben presente, tanto che Gesù stesso ne è sconvolto.

     E quando Lazzaro esce dalla tomba e ritorna alla luce del sole, ancora avvolto nelle bende, i volti che scorge attorno a sé sono certamente raggianti di gioia, ma ancora segnati dalle lacrime. Questo è anche il paradosso della risurrezione di Gesù: mostra loro le mani e il costato bucati.
     La risurrezione non è, dunque, una sorta di operazione magica per sottrarsi alla morte. È un percorso che passa attraverso la morte per sfociare sulla vita. Come la nascita di un neonato che esce dal seno della madre per entrare in un mondo nuovo e sconosciuto, essa è caratterizzata dalle grida e dai pianti. Gesù lo aveva già detto a Nicodemo: «Dovete nascere nuovamente!».
     La risurrezione di Lazzaro viene ad annunciarci questo, in prossimità della passione verso la quale Gesù dirige i propri passi. Gesù sa bene cosa lo attende a Gerusalemme, e non vuole che i discepoli si lascino prendere dal dolore della separazione e della morte, ma che credano. Questa è la ragione per cui fa loro sperimentare anticipatamente cosa sarà la sua morte e quella di ciascuno di
noi: un passaggio verso la vita.

Dom Guillaume – cappellano monastero trappista Valserena (Pisa)
www.valserena.it

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