Gesù non cerca di bloccarci, ma di liberare la nostra capacità di essere e di pensare

Domenica 23ma Tempo Ordinario  – Anno C – 4 settembre 2022
Letture: Sap 9:13-18; Fil 9b-10, 12-17; Lc 14:25-33

         Chi di noi non ha fatto l’esperienza dolorosa e umiliante di non riuscire a portare a termine ciò che aveva iniziato? E anche se le parole di Gesù sembrano, a prima vista, molto sagge e piene di buon senso, dobbiamo riconoscere che le grandi decisioni della nostra vita, quelle che hanno cambiato il corso della nostra esistenza, sono state prese o per un capriccio o per un desiderio del cuore. Che si tratti della vocazione monastica o del matrimonio, se avessimo iniziato a calcolare in modo razionale e ragionevole, staremmo ancora pensando. Se avessimo saputo in anticipo tutto ciò che avremmo dovuto affrontare e sopportare, la maggior parte di noi, forse tutti, avrebbe rinunciato a questa follia. Eppure è proprio questa follia a renderci felici oggi!

          Che cosa questo significa? Gesù ha commesso un errore? Era così privo di psicologia? Si è forse preso gioco della nostra pretesa di controllare tutto e di prevedere il minimo pericolo nella nostra vita? In realtà, cadiamo nella trappola di un’interpretazione moraleggiante e sterile dei Vangeli ogni volta che dimentichiamo che una parabola non è una metafora, un’immagine che può essere semplicemente incollata sulla realtà per farla funzionare. Il ruolo delle parabole è quello di invitarci a pensare in modo diverso, di costringerci a uscire dalle nostre abitudini e di spingerci nei nostri angoli. Gesù non cerca di bloccarci, ma al contrario di liberare la nostra capacità di essere e di pensare.

          In effetti, siamo onesti, chi di noi oserebbe dire di aver rinunciato a tutto per seguire Gesù. Possiamo certamente nutrire questa illusione nei primi giorni della nostra conversione, quando siamo ancora spinti dalla passione e dall’entusiasmo del nostro primo amore. Ma ben presto, quando il Signore comincia a toglierci le stampelle che ci hanno aiutato, ci rendiamo conto che seguirlo per essere suoi discepoli è sempre più fuori dalla nostra portata. E anche se cerchiamo di salvare la faccia, per evitare che gli altri ridano di noi, ci rendiamo conto che non avevamo calcolato le spese e non avevamo visto se avevamo abbastanza per andare fino in fondo.

          Questa terribile sensazione di fallimento e di impotenza, questa constatazione che, nonostante tutta la nostra buona volontà, tutto diventa arido e duro, questa dolorosa ammissione fa parte del cammino della nostra fede, come per il vecchio Paolo nell’epistola a Filemone. Perché, come dice il libro della Sapienza, “quale uomo può scoprire le intenzioni di Dio”? Bisogna aver tentato di tutto, aver speso tutte le proprie energie e tutte le proprie conoscenze, essere arrivati al limite dei propri limiti, per scoprire infine, con serena gioia, che è Dio a salvarci, e non la nostra inquietudine. Ci vuole tempo, molto tempo, per scoprire finalmente che Lui è davvero la nostra salvezza !

Dom Guillaume – monaco trappista
www.valserena.it

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