Beatitudini, manuale e chiave della vera felicità

Domenica VI Tempo Ordinario 2019 – Anno C  (17 febbraio)
Letture: Ger 17, 5-8; 1 Cor 15, 12.16-20; Lc 6, 17.20-26

Noi tutti cerchiamo la felicità!
Monaci o laici, sia se formiamo una famiglia o cerchiamo la fortuna e la gloria, desideriamo tutti che si compia per noi questo desiderio universale di felicità.
Credenti o non, quale sia la loro cultura, la loro razza o la loro religione, tutti gli esseri umani sono alla ricerca della felicità.
E Gesù non fa che riprendere questo aspetto fondamentale di ogni esistenza umana.
Ma se siamo tutti d’accordo sullo scopo da raggiungere, le opinioni divergono completamente quando si tratta di sapere come arrivarci.
Infatti, se lo scopo è unico, le vie che ci sono proposte sono molteplici.
Non abbiamo che l’imbarazzo della scelta.

Anche il profeta Geremia, nonostante la sua reputazione di profeta di sventure, proponeva un percorso di felicità mettendo Israele di fronte a una scelta.
Per lui, la via della felicità passa per la fiducia «nel Signore» e si oppone in maniera radicale al percorso di sventura in cui l’uomo «ripone la propria fiducia in un mortale», «un essere di carne».
In entrambi i casi, è in gioco la fiducia, ma ciò che cambia è il suo oggetto.

Perché, quello che caratterizza ogni esistenza umana, è questa fiducia, questa fede nella vita.
Il problema è sapere su che cosa o su chi riponiamo la nostra fiducia.
Anche chi ripone la propria fiducia nella riuscita, nel potere, la ricchezza o la gloria, nella forza, il piacere, la droga o l’alcol cerca la felicità.
Il problema è che si sbaglia.
Questo punto di appoggio rischia ben presto di rendergli la vita impossibile, di renderlo infelice.

Per evitarci questo tranello delle false felicità, che rischiano sempre di inghiottire le nostre forze e la nostra speranza, Gesù ci propone il suo manuale della felicità.
Perché il Verbo di Dio non è venuto in mezzo a noi per infastidirci, per contraddire il nostro gusto della felicità.
È lui che ha posto in noi questo desiderio di essere felici, questo gusto della beatitudine, fin dalla creazione del mondo. Ma, a partire dal primo peccato, noi non sappiamo più come accedervi.
Non ne abbiamo perduto il gusto, ma la via.
Corriamo in tutte le direzioni, proviamo tutto quello che viene alla nostra portata con una frenesia inquieta, ma usciamo da tutte queste esperienze tristi e delusi.

Per questo, nelle beatitudini, Gesù ci dona la chiave della felicità, ma una chiave piuttosto sorprendente e sconvolgente.
Di fatto prende in contropiede tutte le nostre paure, tutte le nostre angosce, tutto quello che noi fuggiamo abitualmente.
Perché chi tra noi, con un minimo di buonsenso, cercherà le lacrime o la povertà, la fame o l’odio, il disprezzo e la persecuzione?
Ma chi tra di noi, se ha un minimo di lucidità, non ha coscienza di avere, un giorno o l’altro, attraversato queste prove?

Allo stesso modo, nelle sue maledizioni, Gesù non fa che prendere in contropiede le false idee che ci facciamo della felicità.
La ricchezza, il riso e la buona reputazione non sono forse, per noi, icone di quella felicità che perseguiamo?

Se potessimo anche solo prendere coscienza che la felicità e la sventura non assomigliano a quelle immagini che ci portiamo profondamente iscritte in noi, potremmo finalmente cominciare a ricercare la vera via della felicità, quella via che Gesù ci traccia lungo tutti i Vangeli.

Dom Guillaume trappista, cappellano Monastero Cistercense Valserena
(www.valserena.it)

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