Ascensione: fra nostalgia e desiderio, fra memoria e speranza

Ascensione del Signore – anno B – (16 maggio 2021)

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At 1, 1-11; Ef 4,1-13; Mc 16,15-20

Tra il racconto degli Atti degli Apostoli, nella prima lettura, e il racconto del vangelo di Marco, ci sono molti punti in comune, ma anche una piccola differenza. Nel racconto degli Atti, infatti, i discepoli rimangono “fissando il cielo mentre” Gesù “se ne andava”, e hanno bisogno dell’intervento di “due uomini in bianche vesti” per tornare a Gerusalemme e cominciare la loro missione. Il vangelo, invece, non riprende questo particolare e insiste sul fatto che “partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la parola”.

Da una parte, negli Atti degli Apostoli, è sottolineata una certa nostalgia, una difficoltà di lasciar partire Gesù, di voltare pagina e di cominciare la missione a loro affidata. Dall’altra parte, invece, Marco insiste piuttosto sulla predicazione e il coinvolgimento dei primi discepoli dopo l’Ascensione del Signore. Uno stesso avvenimento, sotto due punti di vista, da due testimoni. E questo elemento è molto interessante per noi, perché ci rinvia al nostro modo di leggere e di interpretare ciò che succede nella nostra esistenza, quando la grazia viene bussare alla porta del nostro cuore.

Difatti, per gli Apostoli, anche se è l’inizio di una nuova vita, anche se è lo sviluppo di un’avventura spirituale, l’Ascensione è anche, per ognuno di loro, la fine di un tipo di presenza e di intimità con il Signore Gesù. I due testi degli Atti e di Marco traducono questi due sentimenti opposti ma nello stesso tempo simultanei. Da una parte, la tristezza di vedere Gesù andarsene, ma dall’altra parte, la gioia di annunciare al mondo che Egli vive per sempre nella gloria, alla destra del Padre.

E questo vale anche per ognuno di noi, quando il Signore viene a bussare alla porta della nostra esistenza. Da una parte, come Pietro sulla montagna della Trasfigurazione, desideriamo rimanere sempre là, fissarci per sempre nell’esperienza che viviamo. Ma, dall’altra parte, la gioia interiore e il desiderio di condividere ciò che abbiamo vissuto ci porta a lasciare tutto per annunciare, come Maria di Màgdala dopo la Risurrezione, ciò che abbiamo vissuto e sperimentato. La vita dei discepoli si svolge sempre tra gioia e tristezza, tra nostalgia e desiderio, tra memoria e speranza! 

Nella vita cristiana, non possiamo mai fermarci, non possiamo mai pensare che abbiamo raggiunto il porto e che possiamo riposare. La vita cristiana è una vita, cioè un cammino verso Colui che dà la vita e che ci invita a ricevere la vita donandola per tutti. E, in questa vita, è normale che facciamo l’esperienza della mancanza, dell’assenza, del desiderio. Non possiamo fermarci, non possiamo riposare. Siamo pellegrini in questo mondo, verso la beatitudine! 

Dom Guillaume, cappellano monastero trappista N.S. di Valserena (Pisa)

www.valserena.it

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