«La Madonna era nelle fiamme»: a Monserrato l’ultima apparizione

Per giorni a Monserrato non si è parlato d’altro, con i parrocchiani del Redentore a gridare al miracolo perché era apparsa un’immagine sacra tra le fiamme accese per bruciare le palme benedette e – come vuole tradizione – ottenerne le ceneri per il Mercoledì, inizio della Quaresima.
Tutto avviene domenica 15 febbraio. Il chierico della parrocchia monserratina, Simone Milletto, riprende con il suo cellulare il grande fuoco acceso e si accorge che tra le fiamme appare un volto.
Tra i parrocchiani è un frenetico accavallarsi di interpretazioni. C’è chi vede la Madonna, chi un angelo, ma anche il volto del diavolo, con tanto di corna. Una catechista è convinta che si trattasse del Redentore, «quello che portiamo in processione a Pasqua», precisa.

Quando, nel 1858, la Madonna a Lourdes le apparve per 18 volte Bernadette Soubirous era un’adolescente di 14 anni, malaticcia e analfabeta. Non aveva frequentato il catechismo, il padre era finito in prigione per furto, proveniva da una famiglia additata da tutto il paese. A lei, “proprio” a lei, la Vergine si rivelò come l’ “Immacolata Concezione”, dogma proclamato appena quattro anni prima da Pio IX, che la povera contadina ignorava e che non era in grado né di comprendere, tanto meno di inventarsi.
La prima apparizione del Cristo risorto non fu appannaggio – come umanamente ci saremmo augurati – di una grande folla, né del Sinedrio, finalmente sbugiardato e umiliato, né degli stessi apostoli, fuggiti a nascondersi nel Cenacolo. Fu invece una donna – la cui testimonianza, a quell’epoca, era invalida, in quanto priva di personalità giuridica, al pari dei pastori e degli schiavi – a sentirsi chiamare per nome «Maria» e a essere investita del primo annuncio della Resurrezione.
C’è, nel vangelo, un severo ammonimento di Gesù alle folle, che vale anche per quelle, reali o dell’immensa platea virtuale: «Se non vedete segni ,non credete».
Nel cuore della Sardegna, cuore della devozione popolare è il Cristo miracoloso di Galtellì: esistono testimonianze storiche di segni prodigiosi e di effusioni di sangue e sudore umano già nel XVI secolo ma è dal 1612 che i fatti miracolosi furono documentati dagli atti ufficiali di ben cinque notai, con testimonianze dirette e oculari di centinaia di persone che assistettero agli eventi.
Lourdes, Gerusalemme, Galtellì ma potremmo aggiungere Fatima o Medjugorje, tutte le apparizioni o eventi soprannaturali (che potrebbero anche non esistere perché nulla possono aggiungere alla Rivelazione del Cristo) hanno un unico scopo: richiamare l’attenzione di credenti e non sugli insegnamenti evangelici che – in alcune epoche storiche o particolari località – rischiano di essere dimenticati, annacquati o addirittura soppressi.
In ambiente televisivo, ma politica e chiesa non ne sono certo esenti, un rischio sempre latente, soprattutto per chi entra nel gorgo vorace della popolarità e della sindrome da “specchio del reame”, è quello di cadere nella sovraesposizione da dipendenza catodica.
Redentore, Maria Santissima o l’arcangelo Gabriele, in buona compagnia di santi e martiri, per grazia di Dio, sono ab aeterno immuni da questo virus.
Il loro stile di comunicazione è quello del nascondimento, non dei fuochi d’artificio. O, per stare al tema degli esercizi spirituali del Papa in questa Quaresima, quello di educare l’uomo a riconoscere la voce dello Spirito, sull’esempio del profeta Elia, non nel fragore del tuono, del terremoto o del fuoco, ma nel “sussurro di una brezza leggera”.

Paolo Matta

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