CHIESA DI ALGHERO AL SERVIZIO DEI MIGRANTI, SOTTO TRACCIA E SENZA CLAMORE

A Lampedusa, nel luglio di due anni fa, Papa Francesco di fronte all’emergenza profughi aveva ammonito tutti perché non ci si faccia travolgere «dalla globalizzazione dell’indifferenza che ci rende tutti “innominati”, responsabili senza nome e senza volto».

Spesso in questi anni la Chiesa, di fronte alle emergenze, attualizzando la parabola del Buon Samaritano, si è sostituita alle istituzioni sopperendo alle carenze e alle difficoltà di trovare soluzioni immediate di accoglienza. Sempre più spesso, diversi istituti religiosi – anche in Sardegna – hanno ospitato e continuano a ospitare gruppi di profughi provenienti dal sud del mondo, in fuga da guerre e disperazione.

È stato lo stesso Papa Francesco ad invitare i religiosi ad aprire le porte dei propri istituti agli emarginati e ai bisognosi, ma molti mass-media si sono talmente abituati a queste situazioni emergenziali che puntualmente rivolgono appelli populisti alle chiese locali perché risolvano difficili situazioni.

Nei giorni scorsi, sulla stampa locale, a margine della cronaca sulla situazione di degrado in cui versa l’ex istituto agrario di Santa Maria La Palma ad Alghero (destinato ad accogliere un’ottantina di giovani africani), è stato pubblicato l’elenco dei beni della diocesi di Alghero-Bosa che potrebbero essere immediatamente fruibili.

In particolare sono stati indicati l’ex seminario di via Kennedy (?) e il convento di Montagnese.
Per amore della precisione e della verità, l’ex Seminario vescovile non è sito in via Kennedy ma in via Sassari 181 e fino al 10 giugno era in regime di locazione alla provincia di Sassari per dare ospitalità alle alunne dell’Istituto Alberghiero di Alghero.

Di fronte all’immediatezza di trovare residenze in tutta la Sardegna per le centinaia di profughi in arrivo nell’Isola, il prefetto di Sassari e il sindaco di Alghero hanno chiesto la disponibilità anche alla diocesi algherese che ha suggerito di chiedere autorizzazione alla Provincia per l’immediato utilizzo dell’ex seminario.
Soluzione che non si è resa praticabile nell’immediato.

In via Kennedy e in via Valverde, invece, la diocesi possiede due appartamenti ereditati da Mons. Mario Corrias dove attualmente vivono due nuclei familiari di nomadi.

Il Monastero di Montagnese è proprietà delle Clarisse di Oristano e sono in corso le trattative per il passaggio alla diocesi di Alghero-Bosa. Il monastero non è attrezzato con letti e armadi.

In pieno centro storico, anche qui per amore della verità, non è ubicato il seminario ma i locali dell’ex Orfanatrofio (fino a qualche mese sede della biblioteca, di aule accademiche e di aule informatiche della facoltà di Architettura), una struttura consegnata secondo le norme di agibilità e letteralmente chiusa a chiave dopo un sopralluogo dei Vigili del Fuoco, in perfetto stato di rovina e non ancora riconsegnato formalmente alla diocesi, nonostante il comodato d’uso sia abbondantemente scaduto dal 2013.

In via XX Settembre, si trova una casa chiamata “Casa del Giubileo 2000” non vuota ma vissuta dai detenuti, agibile e non chiusa a chiave.

Purtroppo la scelta del nascondimento e del basso profilo, per dirla con San Vincenzo de’ Paoli, di “non suonare la tromba mentre si fa il bene” finisce con l’esporre la chiesa algherese alla critica di apparire assente davanti al dolore. Secondo la logica che fa notizia l’albero che cade ma non i mille che crescono.

Alessandro Porcheddu

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