Lo chiamano già il «relitto di Bonaria»: è la barca della cassa miracolosa?

L’indagine era cominciata anni fa e i risultati non erano mancati. L’area portuale di Cagliari, rinchiusa tra i moli di ponente e levante, aveva confermato d’essere un immenso giacimento di materiali antichi, emergenze archeologiche, come le chiamano gli addetti ai lavori. L’ultima “meraviglia”, indagati per un brevissimo periodo, sono i resti di una nave del tardo medioevo che gli archeologi subacquei della Soprintendenza hanno ribattezzato il “relitto di Bonaria“.

Il relitto ritrovato nel Golfo degli Angeli davanti al colle di Bonaria

Le prime osservazioni sulla tecnica costruttiva di quel che resta dello scafo, o meglio, di quel che emerge dal basso fondale fangoso (la profondità è di appena 3,5 metri) hanno dato precise indicazioni. Nave costruita nei cantieri nordici. Montaggio del rivestimento a clincker, tipico dei cantieri navali nordici ma anche baschi. Dalla Spagna, infatti, è molto probabilmente arrivata l’imbarcazione risalente al XIV-XV secolo che aveva raggiunto l’Isola colando a picco nelle acque della marina di Cagliari. Reperto rarissimo, un unicum in Sardegna e appena il terzo di questa fattura scoperto in Mediterraneo, ritenuto dagli archeologi di “eccezionale rilevanza”.

La sua presenza davanti alla città e in direzione della Basilica di Bonaria sta facendo pensare a scenari suggestivi. Gli archeologi che l’hanno scoperto, guidati da Ignazio Sanna, preferiscono non trarre “conclusioni affrettate”, ma le coincidenze inducono almeno a formulare ipotesi affascinanti. È davvero la nave che il 24 aprile del 1370 aveva trasportato la cassa con la Madonna di Bonaria? I segni trovati sui legni emersi dalla fanghiglia dimostrano che a bordo, prima dell’affondamento, era divampato un incendio.

Il periodo di appartenenza di questa imbarcazione coincide esattamente con il rinvenimento della cassa e della statua, oggi conservata nell’altare maggiore del Santuario di Bonaria. Per avere conferme e dare risposte alla domanda, serviranno altre indagini, altri “tuffi” nelle acque limacciose del porto. Altri fondi per poter impiantare un nuovo cantiere subacqueo.

Andrea Piras (Unione Sarda)

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