Inizierà da Ozieri l’accorpamento delle Diocesi sarde?

Perché Lanusei sì e Ozieri no?
È uno degli interrogativi di clero e laici del Logudoro in attesa di conoscere le decisioni della Santa Sede. La nomina, sei mesi fa, del nuovo vescovo dell’Ogliastra ha ridato fiato alla speranza di poter salvare la diocesi ozierese dal 10 dicembre 2012 affidata all’amministratore apostolico monsignor Sebastiano Sanguinetti. Se il Vaticano ha conservato una chiesa locale di 34 parrocchie e 68mila abitanti perché non può fare altrettanto con Ozieri che di parrocchie ne conta 30 con circa 50mila residenti?
Clero e laici da 18 mesi attendono di sapere se la diocesi continuerà a esistere. Gli orientamenti e i desiderata dei fedeli, è chiaro, difficilmente faranno cambiare la volontà della Curia romana, ma è anche vero – come dice monsignor Tonino Cabizzosu, docente di Storia della Chiesa nella Pontificia facoltà teologica della Sardegna, e da alcuni mesi parroco di Ardara – che «il silenzio talvolta può essere interpretato come disinteresse e disimpegno, mentre invece dovrebbe essere un diritto del popolo di Dio esprimere nel dovuto modo il proprio pensiero». Il clero ozierese ha cominciato a parlarne in un recente incontro tra preti. I 39 sacerdoti e i 4 frati impegnati nel servizio pastorale attivo auspicano che una discussione pubblica, «per un arricchimento reciproco, qualunque sia la decisione che verrà», scrive “Voce del Logudoro”, il settimanale della diocesi diretto dal giovane parroco di Monti, Pier Luigi Sini. Al momento sono 4 le ipotesi sul futuro di questa realtà ecclesiale nata dalla fusione delle antiche diocesi di Bisarcio e Castro: soppressione, accorpamento, smembramento, status quo. La soppressione significa che la diocesi non avrà più, come nel passato, un vescovo proprio. Quindi fine di una storia millenaria. L’accorpamento a un’altra diocesi consente di conservare il titolo unito a quello di un’altra Chiesa: per esempio Tempio-Ampurias-Ozieri. Lo smembramento porterà alcune parrocchie dentro la diocesi di Nuoro, altre in quella di Tempio, altre ancora in quella di Sassari. Ma tutto potrebbe anche rimanere come oggi. Nelle ultime settimane a diversi vescovi e sacerdoti sono arrivate lettere della Nunziatura apostolica con la richiesta di informazioni e valutazioni su alcuni preti segnalati per l’episcopato: è la classica procedura scelta dal Vaticano per aggiornare periodicamente l’elenco regionale e nazionale dei possibili vescovi. È stato sufficente per alimentare la speranza del clero ozierese, peraltro abituato a lunghi periodi di sede vacante: dal 1975 al 1978 per tre anni fu amministratore apostolico della diocesi monsignor Paolo Carta, arcivescovo di Sassari, in attesa che la Santa Sede nominasse Giovanni Pisanu.
«Due aspetti sono da segnalare. Il primo riguarda l’urgenza di un’intelligente ristrutturazione delle circoscrizioni ecclesiastiche tenendo conto – dice monsignor Cabizzosu – delle trasformazioni sociali e culturali. Il problema appare ancor più vivo in Sardegna che conta un alto numero di diocesi rispetto agli abitanti. Il secondo aspetto si riferisce al territorio del Logudoro e del Goceano: è povero e le istituzioni vivono una profonda crisi. Sopprimere/abolire/smembrare la diocesi vorrebbe dire penalizzare ulteriormente una popolazione che sente sulla propria pelle un disagio crescente, la cui prima vittima è la gioventù che non ha altra prospettiva se non l’emigrazione».
Sul tavolo di papa Bergoglio da qualche tempo, infatti, sarebbe in bella evidenza il progetto della Cei (Conferenza episcopale italiana) per “tagliare” ben 36 diocesi nel nostro Paese, portandole dalle attuali 222 a 186. Criterio unico di sopravvivenza avere un minimo 90mila abitanti. Un requisito che in questo momento, in Sardegna, manca sia a Ozieri sia a Lanusei.
La prima, infatti, registra poco meno di 50mila residenti, la seconda 72mila. Si salva, al momento, Ales-Terralba con poco più di 95mila fedeli. Ma anche la diocesi ogliastrina sembra, secondo indiscrezioni, essersi sottratta alla scure vaticana per due motivi sostanziali: il vescovo, monsignor Antonello Mura, è stato nominato il 31 gennaio 2014, quando il Papa aveva già richiesto alla Cei ( maggio 2013) un’adeguata riduzione delle curie locali; nella valutazione della Santa Sede l’isolamento dell’Ogliastra ha prevalso sul numero degli abitanti e quindi l’opportunità di un vescovo in esclusiva per un territorio con vie di comunicazione a volte poco praticabili. Sulla bilancia della diocesi di Ozieri pesano negativamente l’esiguità del numero delle parrocchie (30), dei sacerdoti (39) e degli abitanti. L’estate scorsa monsignor Angelo Becciu, di Pattada, sostituto alla Segreteria di Stato vaticana, intervistato dalla Nuova Sardegna aveva esplicitamente detto: «Quanto alla scomparsa di diocesi in Sardegna, per adesso non c’è niente di concreto. Se soppressione vi sarà, dovrà essere frutto di una ristrutturazione generale delle varie circoscrizioni ecclesiastiche esistenti. Questo è stato finora l’orientamento della Conferenza episcopale italiana». La concretezza sembra arrivata e a rischio sarebbero anche alcune Chiese locali di lunga tradizione ma con pochi abitanti. Il clero di Ozieri attende in religioso silenzio. Ai tempi lunghi delle staffette episcopali è abituato: tra il 1975 e il 1978 in attesa dell’arrivo di monsignor Giovani Pisanu la diocesi fu affidata all’arcivescovo di Sassari, Paolo Carta. Monsignor Sergio Pintor ha salutato la diocesi (attualmente amministrata dal vescovo di Tempio-Ampurias Sebastiano Sanguinetti) il 10 dicembre 2012. Passati più di due anni, ancora non è chiaro se la Chiesa che fu di Castra e Bisarcio sarà ancora autonoma, oppure accorpata a Tempio-Ampurias o smembrata tra Tempio, Nuoro e Sassari.
Va aggiunto che la Chiesa sarda tra due anni sarà interessata da una vera e propria rivoluzione. Nel 2017, infatti, si renderanno libere contemporaneamente le tre arcidiocesi di Cagliari, Sassari e Oristano. Nuovi vescovi in vista. Saranno tutti sardi?

Mario Girau

La Nuova Sardegna 24 maggio 2015

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