È la bontà di Dio a terrorizzarci

150115-019

Perdonandoci, Dio ci fa perdere tutti i punti di riferimento che ci costruiamo nei nostri piccoli universi
24a domenica Tempo Ordinario Anno A (17 settembre 2017)  LettureSir 27,30-28,7; Rm 14,7-9; Mt 18,21-35

Il servo ha avuto paura per davvero. Sessanta milioni di monete: era proprio impossibile restituirle, lo sapeva bene. Non ricordava nemmeno che il debito avesse raggiunto una somma del genere. Sì, davvero, era talmente smisurata da esserne rimasto stupefatto. E quando il re gli aveva condonato il debito, dopo un immenso sollievo, presto, ben presto, la paura aveva ripreso il sopravvento, una paura come non aveva mai provato fino a quel momento, e un dubbio si era insinuato nel cuore. Prendendo coscienza dell’immensità del debito, in un attimo aveva misurato il rischio che aveva corso, per molti anni, e anche la propria trascuratezza. E anziché suscitare in lui gratitudine e gioia, la benevolenza e la misericordia del re avevano suscitato stupore e aggressività. Un dubbio immenso, ormai gli rodeva le viscere. Il perdono, liberandolo, gli rivelava quella suprema dipendenza, quella infinita povertà che è la condizione di tutti gli uomini. E, tuttavia, il perdono offerto non era bastato per sentirsi perdonato. Non aveva saputo accoglierlo, aveva rifiutato di essere simile al fratello. Il debito, in certo qual modo, pesava ancora fortemente sul suo cuore.

Ed è proprio questo il paradosso del Vangelo: più della sua giustizia, più ancora del suo silenzio di fronte ai nostri peccati e alla nostra miseria, è la bontà di Dio a farci paura. Se Dio ci trattasse come meritiamo, allora saremmo alla pari con lui, non avremmo più alcun debito con lui né con i nostri fratelli, e così potremmo immaginare di bastare a noi stessi, di esistere senza di lui! In effetti, siamo a nostro agio quando si tratta di pesare e valutare ciò che è giusto; siamo sempre pronti a rivendicare i nostri diritti e ad esigere quanto ci è dovuto; e invece la bontà di Dio, che rimette al peccatore gratuitamente, ci lascia completamente disarmati. Perdonandoci, Dio ci fa perdere tutti i punti di riferimento sulla cui misura sono costruiti i nostri piccoli universi, al metro dei quali noi modelliamo i nostri rapporti. Sì! La bontà di Dio ha davvero di che terrorizzarci, perché ci strappa a un mondo in cui tutto è assicurato, misurato e controllato, un mondo in cui perdono e grazia non hanno spazio.

Perdonando gratuitamente a colui che gli ha fatto del male, donando il proprio Figlio per noi, fino alla morte e alla morte di croce, mentre noi non lo meritavamo, ma semplicemente per amore, Dio ha aperto una breccia immensa nel mondo degli uomini. Perché il mondo degli uomini è un mondo in cui tutto si paga, tutto si compera e tutto si vende. Nel cerchio infernale di coloro che ritengono di possedere e governare il mondo seminando odio e menzogna, Dio ha aperto una via, ha tracciato un altro percorso. Ha spezzato per sempre le porte di quegli inferni nei quali ci rinchiudiamo, dall’alba dei secoli, la sera del primo peccato.

Ma perché si apra questa strada, perché si tracci nei nostri cuori una via, non c’è che una condizione, non esiste che un passaggio stretto. In effetti, nessuno può avviarvisi se prima non ha accettato di riceversi da Gesù, di attingere in lui la sua forza, di porre in lui il suo punto d’appoggio. Perché l’unico ostacolo che ci preclude i percorsi della felicità, è il ripiegarci su noi stessi e su quello che crediamo di avere, è immaginare di possedere la nostra vita, e che solo custodendola oculatamente potremmo salvarla. San Paolo lo ha ben ripetuto: «Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore».

Se Dio ci spoglia, in questo modo, delle nostre illusioni di onnipotenza, se il suo perdono ci tocca, a nostra insaputa, per rimetterci al posto giusto, non è per fare di noi degli schiavi. Al contrario, vuole farci gustare quella libertà dei figli di Dio che attinge direttamente alla sorgente di vita. Guidandoci sulle vie del perdono, Gesù ci ha donato una moltitudine di fratelli, e un unico Padre, affinché, insieme, possiamo dire: «Padre nostro […]. Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori».

Dom Guillaume trappista, cappellano Monastero Cistercense Valserena
(www.valserena.it)

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