«Don Tonino Bello, prete scomodo: per chi?» Papa Francesco a Molfetta: «Come Romero»

«La cosa più importante non è introdurre il “grembiule” nell’armadio dei “paramenti sacri”, ma comprendere che stola e grembiule sono quasi il diritto e il rovescio dell’unico simbolo sacerdotale. Anzi, meglio ancora, sono come l’altezza e la larghezza di un unico panno di servizio: il servizio reso a Dio e quello offerto al prossimo. La stola senza il grembiule resterebbe semplicemente calligrafica. Il grembiule senza la stola sarebbe sterile».
Una sorta di testamento spirituale di don Tonino Bello, sulla cui tomba Papa Francesco ha sostato a lungo, in silenziosa preghiera, in occasione della sua recente visita pastorale in Puglia.

«Un prete non scomodo non è vero prete» ha poi detto il Papa, «ma una parodia del ministero. Penso all’arcivescovo Romero, che a maggio sarà santo: fu scomodo per chi lo ha ucciso, e a lungo anche per certe realtà di Chiesa, e ne soffrì molto. Definire allora «scomodo» Tonino Bello, prete e vescovo scomodo, senza precisare “per chi”, può significare offenderlo. Davvero “scomodi” per Chiesa e Vangelo sono altri preti tristemente in pagina, magari noti anche come rigidi e capaci di giudicare gli altri senza servire nessuno, salvo se stessi, allontanando lontani e vicini e danneggiando la vera realtà della Chiesa. Profeta, don Tonino: servitore della Chiesa e di Cristo vivo nel prossimo, nei poveri, nei lontani, negli abbandonati da tutti»

Papa Francesco ha poi definito don Tonino Bello «intollerante di ogni mondanità» e capace di «dismettere le vesti che intralciano il passo per rivestirsi di servizio, per essere Chiesa del grembiule, unico paramento sacerdotale registrato dal Vangelo»!

Definizione folgorante, secondo don Giannio Gennari, e “scomoda” per tanti, che «anche in questi giorni arrivano a definire «eretico» don Tonino, dopo aver osato definire «sette volte eretico» anche Francesco. Loro dalle proprie “cattedre” di carta o digitali, offrono pagine e pagine tradotte dal portoghese, dall’inglese, dallo spagnolo e altro, per istruire gli incerti su tante cose, tra cui il solo modo di ricevere la Comunione, e cioè «in ginocchio e in bocca» o, testuale, su «come occorre tenere le mani, giunte, conserte o altrimenti».

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