Cristo Re: abbassa i potenti dai troni e innalza gli umili

Cristo Re dell’Universo – Anno A (26 novembre 2017)  Letture Ez 34, 11-12. 15-17; 1 Cor 15, 20-26.28; Mt 25, 31-46

Per descrivere la sua venuta alla fine dei tempi, Gesù utilizza l’immagine solenne di un giudizio.
Un trono, in alto, e una folla di persone fra le quali avviene una separazione.
Ritroviamo così, in modo implicito, i primi versetti del libro della Genesi, quando Dio crea separando e distinguendo la luce dalle tenebre e la terra dal cielo nella massa informe del caos primordiale.
Per Gesù si tratta infatti di un atto creatore, di una nuova creazione.
Ma ciò che la distingue dalla prima creazione è che questa non è più fondata su criteri materiali come la luce o le tenebre, la solidità della terra o la fluidità del mare, ma su dei criteri spirituali.
Infatti è l’accoglienza dell’altro nella sua povertà e fragilità, nella sua nudità che diventa il criterio di questa nuova creazione, di quest’alba del mondo nuovo.

La luce è questa capacità di lasciarsi toccare dalla tristezza dell’altro. Il cielo è l’irruzione di questo volto nella mia vita, di questa mano tesa, di questo cuore spezzato.
Per entrare nel regno, bisogna in un certo modo imparare e soprattutto osare a lasciarsi toccare dalla ferita dell’altro. All’accertamento forzato e al ripiegamento stolto su se stessi corrispondono queste tenebre che la luce del Cristo non riescono più a penetrare: «ogni volta che non l’avete fatto a uno di questi piccoli non l’avete fatto a me».

Tutto in fondo è solo un problema di sguardo.
La cosa più sorprendente in questo vangelo è che nessuno, sia per coloro che si sono aperti all’accoglienza dell’altro sia per coloro che si sono chiusi, nessuno in effetti si è accorto di nulla.
Nessun legame tra questa mano tesa, questa tristezza muta, questa nudità e questa malattia e la presenza di Gesù.
Nessuno ha riconosciuto il suo Re e Signore nell’umile silenzio di coloro che non avevano più la forza di chiedere e di supplicare.
Gesù non si riferisce qui a quelle persone che “coltivano” il loro posto di poveri e trascorrono il loro tempo nell’attirare l’attenzione dell’altro.
Per capire ciò di cui parla Gesù, bisogna cercare nel Vangelo questi personaggi nei quali  ci insegna a riconoscerlo: quella povera vedova che getta quasi di nascosto i tre spiccioli nella cassa del tempio e che nessuno (escluso Gesù) ha notato, perché i discepoli sono troppo preoccupati dei doni di coloro che si mettono in mostra agli occhi di tutti; così come quel paralitico disceso dal tetto dagli amici ai piedi di Gesù perché lui non poteva muoversi da solo; come Zaccheo troppo piccolo per vedere Gesù o ancora quella prostituta che versa del profumo ai piedi del Signore perché lei non osava avvicinarsi a lui.

I loro volti e le loro voci silenziose rimangono per sempre nella storia del mondo.
Sono il volto e gli occhi di questo Dio che si è fatto uno di noi.
Sono lì, discreti e umili, in mezzo a noi.

Dom Guillaume trappista, cappellano Monastero Cistercense Valserena
(www.valserena.it)

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